Zandonai, Rovereto si riprende i palchetti

Per restaurare il teatro Zandonai ci sono voluti una discreta quantità di anni e denaro. Ma alla fine ci siamo, l'amministrazione comunale sta pensando agli ultimi dettagli. Ma tra un mobile da acquistare e un lampadario da scegliere, ecco che è spuntata la sorpresa. Il teatro Zandonai è pubblico dal 1867, acquistato dal Comune. Ma non del tutto. Perché, si è scoperto, alcuni palchetti risultavano di proprietà privata. Un diritto a cui i legittimi proprietari all'epoca devono aver tenuto molto, posto che è iscritto al catasto

di Chiara Zomer

zandonai teatroPer restaurare il teatro Zandonai ci sono voluti una discreta quantità di anni e denaro. Ma alla fine ci siamo, l'amministrazione comunale sta pensando agli ultimi dettagli. Ma tra un mobile da acquistare e un lampadario da scegliere, ecco che è spuntata la sorpresa. Il teatro Zandonai è pubblico dal 1867, acquistato dal Comune. Ma non del tutto. Perché, si è scoperto, alcuni palchetti risultavano di proprietà privata. Un diritto a cui i legittimi proprietari all'epoca devono aver tenuto molto, posto che è iscritto al catasto. Tal Ruggero Tacchi risultava ancora proprietario del palchetto numero 7. E a lui si affiancavano altri soggetti, più o meno noti: Vincenzo Tambosi, Francesco e Giovanni Berti, Giuseppe Armani, Pietro Gerardi, nonché la famiglia Tolomei.  


Una storia, quella dei palchetti dello Zandonai, che certo racconta molto della Rovereto che fu, della società che pulsava all'epoca in cui venne realizzato il gioiellino di corso Rosmini. Ma che mal si addice alla poetica sbandierata in questi mesi, della città che a breve riavrà il suo teatro. Che deve essere suo davvero, posto che tra l'altro nessuno di questi privati si è presentato favorendo qualche euro per dare una mano al restauro. Insomma, il fastidioso disguido andava risolto. Sanato. Tanto più che quei palchetti da decenni vengono gestiti come se fossero pubblici. E quindi la giunta, venerdì scorso, ha risolto il problema. Con una nazionalizzazione in salsa locale, verrebbe da dire.

 

Perché si è limitata a deliberare che da questo momento i palchetti appartengono alla comunità. I proprietari di allora sono morti - e nemmeno da poco - non c'è modo di avvisarli. E gli eredi, se mai hanno saputo di averlo, non hanno iscritto al catasto il loro diritto. Quindi il Comune se la caverà affiggendo all'albo pretorio la delibera. E tornerà ad essere l'unico proprietario dell'intero Zandonai. Ma la curiosità resta, riguardo a quei palchetti. Perché i dettagli tecnici nascondono una storia che racconta dell'età dei Lumi e - se vogliamo - del primo project financing che la città della Quercia abbia mai visto. Il massimo esperto di quell'epoca è l'architetto Michelangelo Lupo, che volentieri racconta quella Rovereto dimenticata dai più.


Lo Zandonai adesso sarà pure patrimonio della comunità, ma così non nacque di sicuro. Furono due privati ad intestardirsi: volevano realizzare un teatro. Erano Francesco Alberti e Lugi Carpentari. Tanta voglia e pochi soldi, decisero di mettere in vendita i palchetti prima di realizzare l'edificio: 200 fiorini l'uno, la metà da versare subito. E la nobiltà cittadina rispose all'appello. Pizzini, Rosmini, Malfatti, Fedrigotti, Carpentari, Tabarelli, Lindet, Todeschi, Cobelli, Eccaro e Pancioldi, Vannetti, Saibante, Givanni, Lodron, Filagrana. La nobiltà si prese i palchetti del primo e secondo piano, al terzo veniva lasciata la possibilità di sedere ai civili. Quanto ai Tacchi, anzi, a Ruggero Tacchi, che risulta tuttora proprietario, era un capitano che aveva fatto un favore ai due proprietari del teatro: il palchetto lo ricevette in dono.


Le regole erano rigide il palchetto si ereditava, lo si poteva vendere ma solo a persone di pari classe sociale, e dopo aver chiesto ai vicini di palchetto. E così entrarono allo Zandonai i nomi della borghesia produttiva, i Sichart e i Nodari. I palchetti passarono di mano in mano fino al 1867 quando, come accade spesso i Italia, l'ente pubblico andò in soccorso dei privati che non riuscivano a tenere in piedi il teatro. Il Comune acquistò l'edificio e la maggior parte dei palchetti. Adesso si è preso anche gli ultimi cinque.

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