Rovereto, consulenza sul futuro del servizio idrico

Cinquantamila euro per pagare una consulenza che spieghi se e come scorporare da Dolomiti Energia la gestione dei servizi di igiene urbana ed idrico dei Comuni di Rovereto e Trento e riportarli al 100% sotto l'ombrello pubblico. È quanto ha deciso di impegnare il Comune di Rovereto, visto che all'interno delle amministrazioni «non sono presenti - si legge nella delibera che la giunta ha approvato a fine ottobre - figure specialistiche con la competenza e l'esperienza necessaria ad assolvere l'incarico che richiede un alto grado di specializzazione ascrivibile ad un team di persone con qualifiche professionali diversificate e che possano essere dedicate in via esclusiva al progetto».

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L'iter dello scorporo della gestione dell'acqua da De - l'aggiunta del servizio di igiene urbana è una scelta d'ambito dei due Comuni - è iniziata da tempo. Da quando il referendum nazionale del giugno del 2011 ha decretato che l'acqua deve essere gestita integralmente da soggetti non privati.

Nel corso di quasi tre anni e mezzo sull'asse Rovereto-Trento non si è fatto granché.

Come peraltro in gran parte del Paese. In questo scenario Rovereto sconta lo stallo in cui si è trovata Trento, consorella quasi obbligata nella partita, posto che numerosi studi valutano nell'intero bacino del mezzo milione di trentini l'ambito minimo ottimale di gestione. Tutte le restanti amministrazioni stanno alla finestra a guardare cosa fanno le due amministrazioni maggiori. Per parte sua la Città della Quercia, forte del possesso diretto dei suoi acquedotti e di un patrimonio idrico senza pari come la fonte dello Spino ha provato a dettare i tempi, a stimolare l'azione (benché improbabile, il rischio di derive sanzionatorie in ambito giudiziario persiste), approvando nel marzo 2013 una delibera di indirizzo per lo scorporo del servizio idrico. Una delibera che il patto tra i sindaci Miorandi - Andreatta voleva che fosse approvata a stretto giro anche a Trento. Così non è avvenuto. Perché i «tubi» Trento non li possiede. Li ha venduti negli anni per fare cassa, e la prospettiva di dover pagare 37 milioni di euro a De per rientrarne in possesso ha di fatto congelato tutto il dibattito consiliare.

Oggi un nuovo passo in avanti. Un passo che non segna affatto la soluzione in breve tempo della vicenda - la scadenza del 31 dicembre 2014, già di suo una proroga, verrà ovviamente non rispettata - ma almeno indica la volontà di andare avanti.

«Le due amministrazioni - si legge ancora nella delibera - concordano di approfondire la fattibilità/sostenibilità della proposta di gestione dei servizi attraverso un gestore "in house" da costituire mediante scorporo del ramo di igiene urbana da Dolomiti Energia. Si prevede di affidare al nuovo soggetto anche la gestione del servizio idrico. Per concretizzare questo disegno strategico e consentire agli organi deliberanti di valutare ogni dettaglio dell'operazione entro la corrente consiliatura, è opportuno procedere con una serie di approfondimenti giuridici, fiscali ed industriali». Tra i punti su cui far luce anche l'analisi e verifica «del modello gestionale attuale, con attenzione al dimensionamento delle varie strutture previste, alle modalità di imputazione dei costi/servizi, all'organigramma del personale con relative funzioni» e, punto fondamentale, le «determinazioni del valore del ramo di azienda del servizio di igiene urbana e del ramo di azienda del servizio idrico e in alternativa del canone di affitto del ramo stesso ovvero delle sole reti con le eventuali implicazioni in ordine alla proprietà delle reti stesse». In pratica, quanto costerà a Trento rientrare in possesso dei suoi tubi.

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