Violenza sessuale a Marco, chiesta l'archiviazione

di Chiara Zomer

Che questo sarebbe stato l'epilogo naturale dell'indagine, lo si era capito a fine estate, all'indomani dell'arrivo dai laboratori dei Ris degli esami sul dna. Non esistevano tracce biologiche con cui confrontare l'enormità di campioni prelevati. E vista la scarsità di dettagli a cui gli inquirenti potevano aggrapparsi, era palese che sarebbe stato arduo dare un nome allo stupratore che lo scorso 26 luglio ha usato violenza nei confronti di una giovane donna di Marco. Ma è di ieri la notizia ufficiale: la procura roveretana ha depositato la richiesta d'archiviazione e ha avviato l'iter per darne notizia alla parte lesa.

 

marco rovereto centro profughi


I fatti sono noti a tutti, anche perché avevano fatto scaturire un'accesissima polemica politica: in una sera d'estate una giovane mamma ha chiamato le forze dell'ordine in preda alla disperazione. Qualcuno, aveva spiegato, l'aveva violentata. Ma fin da subito si è capito che sarebbe stato uno di quei casi capaci di alzare un enorme polverone, ma di difficilissima soluzione sul fronte dell'inchiesta. Per la dinamica della violenza, così come riportata da lei. Che quella sera tardi era uscita per portare il cane a fare pipì. In via Ruina Dantesca un uomo l'aveva bloccata da dietro e l'aveva spinta sull'asfalto. Poi si era messo sopra di lei. La ragazza non aveva potuto vederne il viso, aveva solo sentito la sua voce. E sapeva solo dire che si trattava di uno straniero: parlava una lingua sconosciuta. Una violenza, tra l'altro, interrotta: dopo un minuto, ha spiegato lei, l'uomo si è allontanato, forse spaventato da un rumore.


All'indomani procura e carabinieri si sono mossi, mettendo nel mirino prima di tutto il campo profughi di Marco, dove soggiornavano in quel momento 72 ospiti. Persone di cui non si conosceva nemmeno l'identità e che erano libere - giuridicamente libere - di allontanarsi in qualsiasi momento. Per questo si è deciso di procedere ad un prelievo del dna, che i profughi hanno accettato di dare: nessuno di loro era indagato. Si sperava che la perizia medica sulla ragazza portasse a qualche traccia biologica su cui fare un primo riscontro.


Così non è stato: sugli indumenti di lei non è stato trovato dna diverso dal suo. Nel frattempo si è lavorato sugli altri elementi: più d'uno i sopralluoghi nell'area della violenza, numerosi gli accertamenti in quel di Marco. Perché le contusioni sulla ragazza dicevano che era necessario investigare. E questo hanno fatto, carabinieri e procura (del caso si sono occupati il procuratore capo Aldo Celentano e il pm Valerio Davico). Hanno risentito anche lei, che però non è riuscita, per la dinamica dell'accaduto, a dare informazioni utili. Qualche giorno fa, quindi, la decisione ormai inevitabile: depositata la richiesta d'archiviazione. Ora la parola spetta al Gip.

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