Incendio al distributore chiesti 25 mila euro
La richiesta di risarcimento danni: ieri il processo per direttissima
Luca Soricelli, il 35enne lagarino arrestato lunedì notte con l’accusa di aver dato fuoco alle pompe di benzina di via Cavour, ieri si è presentato in aula.
Era chiamato a rispondere di quel che è accaduto nell’ambito di un giudizio per direttissima. Ma tutto c’era, tranne che le condizioni per chiudere il procedimento in un’unica udienza. L’uomo si è presentato in aula tranquillo, silenzioso. E pressoché incapace di proferire parola. Persino dare le generalità al giudice pare essere stato uno sforzo. E quelle poche parole sono state le uniche che ha pronunciato. Ovvio che serva qualche approfondimento.
È stato lo stesso giudice Carlo Ancona a rinviare l’udienza, chiedendo un supplemento probatorio relativo allo stato di salute mentale dell’imputato. E sarà ora la difesa - l’uomo è assistito dall’avvocato Alessandra Zoccatelli - trovare elementi che, anche dal punto di vista dell’equilibrio psicofisico del 35enne, rendano più leggera la sua posizione.
Nel frattempo lui resta in carcere. A chiedere la misura cautelare è stato ieri mattina il pubblico ministero Fabrizio De Angelis. Facile intuirne i motivi. Allo stato attuale sono del tutto sconosciute le ragioni che l’hanno portato ad appiccare il rogo di lunedì notte. Tra l’imputato e i gestori dell’area di servizio non c’era stato alcuno screzio.
Insomma, difficile immaginare che si tratti di una vendetta. E questo, paradossalmente, rende il compito dell’ufficio inquirente più delicato. Il dubbio che non ci fosse un movente e che quindi l’incendio dell’altra notte sia senza alcuna ragione, fa crescere i timori per un’eventuale reiterazione del reato.
Ecco perché la procura ha chiesto la custodia cautelare in carcere, dopo che un medico ha ritenuto le condizioni dell’uomo compatibili con il regime carcerario.
Nell’attesa del processo, Soricelli ha un ulteriore problema: quel rogo ha causato danni ingenti e per parecchio tempo obbligherà il distributore a restare chiuso. Facile che qualcuno chieda i danni. Per adesso Eni non si è fatta sentire, ma i gestori, che ovviamente compaiono come parti lese, ieri mattina si sono costituiti parte civile, assistiti dall’avvocato Cristina Luzzi.
Hanno chiesto a Soricelli 25 mila euro di risarcimento danni. Ma si dovrà aspettare l’8 febbraio per capire cosa intenderà fare la difesa che, anche in base alle evidenze rispetto alla salute dell’imputato, potrà decidere se discutere un rito abbreviato o meno. Certo l’accusa resta pesante: «Incendio aggravato con un concreto pericolo di compromissione della pubblica incolumità».
A rischiare davvero tanto è stato, più di chiunque altro, Daniele Farinoli, uno dei due gestori.
Sentito il botto, lunedì notte, è sceso di casa e ha visto il rogo. Ecco perché è intervenuto immediatamente: ha scaricato cinque estintori sulle fiamme, riuscendo a spegnere tutto. Ma certo non è stato un intervento semplice e nemmeno esente da rischi, visti gli scoppi che si sono succeduti nello spazio di pochi minuti.
Quel che invece non sarebbe potuto accadere è ciò che più di un roveretano paventava ieri: l’area di servizio non sarebbe potuta scoppiare e quindi le case vicine non sarebbero potute essere coinvolte dall’incidente. I piccoli scoppi che pur ci sono stati, riguardano i vapori presenti nelle caditoie che portano alla vasca di decantazione. Certo non le cisterne sotto terra. I sistemi di sicurezza sono tali per cui quel che si vede nei film d’azione, cioè l’area di servizio che salta in aria a seguito di un incidente, è pressoché impossibile accada nella realtà.
A dimostrarlo c’è anche un precedente: a Isera, qualche anno fa, un’auto è bruciata mentre faceva benzina, quindi a pompa aperta. Ci sono voluti i vigili del fuoco, certo. E anche parecchi. Ma non è scoppiato nulla.