Bulli sull'autobus: linea ferma per 20 minuti
«Faccio questo mestiere dagli ’80. Oltre trenta anni di servizio, ma le condizioni di lavoro non sono mai state così difficili. E non dò la colpa all’azienda. Ormai non c’è più rispetto, soprattutto da parte dei più giovani. E non è il solito luogo comune: i ragazzini di oggi, quelli dai 13 ai 18 anni, sono peggiori sul piano del comportamento rispetto ai loro coetanei di 10, 20 o 30 anni fa. È un dato di fatto». È amareggiato l’autista di Trentino Trasporti mentre racconta - dietro garanzia di anonimato - la disavventura che ha subito durante l’ultimo turno di lavoro festivo di sabato scorso. Un episodio di inciviltà ad opera di giovani, giovanissimi passeggeri del trasporto pubblico roveretano, che ha causato il blocco della linea e fatto subire a tutti gli utenti della corsa - sia quelli a bordo che quelli in attesa alle fermate lungo il tragitto - ritardi da 15 ai 20 minuti.
I fatti si sono verificati a bordo dell’autobus in forza al servizio urbano di Rovereto che da Mori va a Rovereto, Volano e Nomi. Erano circa le 13.30 di sabato scorso quando alla fermata di Mori davanti al Bar Centrale salgono a bordo quattro ragazzotti sui 16 anni. «Mi hanno fatto vedere gli abbonamenti che hanno gli studenti delle scuole medie, ma loro non erano studenti delle medie, erano ben più grandi». I quattro raggiungono il fondo dell’autobus, che al momento ospitava altri venti passeggeri, e azionano un altoparlante portatile, collegato via bluetooth ai loro cellulari. In un attimo la corriera diventa una sorta di «discoteca» viaggiante. «La musica era così forte - racconta l’autista - che non riuscivo neanche a sentire il campanello per la prenotazione delle fermate. In diversi passeggeri mi hanno chiesto di intervenire. Allora alla fermata del Millennium ho lasciato il volante per chiedere ai ragazzi di abbassare l’audio».
I ragazzi sembrano sulle prime cogliere il messaggio. Abbassano il volume, ma appena il bus riparte lo rialzano, schernendo l’autista. Sfottò e insulti vanno avanti fino alla fermata successiva, lungo via del Garda. Qui l’autista ferma fuori dalla carreggiata il mezzo, e torna sul fondo con l’intenzione di chiedere ancora ai giovani di abbassare il volume della musica. Ma il caso vuole che in quel momento sale a bordo un altro ragazzo, sui 18 anni, amico della combriccola e, a quanto pare, loro «capetto». «In quel momento i ragazzi diventano più aggressivi ed insolenti - ricorda l’autista -. Considerando che non c’erano le condizioni per proseguire in sicurezza il percorso (un conducente di un mezzo pubblico non può guidare per regolamento senza la possibilità di sentire nulla, ndr) seguo le direttive dateci dall’azienda e chiamo i vigili urbani».
Ma la chiamata non dà frutto: la polizia locale non ha nessuna pattuglia da mandare in via del Garda, dove la corriera è ferma a bordo strada, e sta accumulando ritardo, per l’esasperazione degli altri passeggeri a bordo. «Allora chiamo l’azienda, che mi dice di portarmi alla fermata della stazione dei treni, dove avrebbero mandato una coppia di colleghi controllori».
In stazione i due controllori parlano con i ragazzi, che alla fine scendono dalla corriera, che ormai ha 20 minuti di ritardo. «Ma alla ripartenza i cinque mi hanno insultato e minacciato dicendomi “ci vediamo in giro”. Uno ha anche sputato verso di me. Se erano una babygang? Non so neanche cosa sia. Erano cinque ragazzotti maleducati ed aggressivi. E non erano certo i primi con cui ho dovuto avere a che fare. Ma non è giusto».
«È ormai doveroso - commenta Nicola Petrolli, segretario provinciale Uil Trasporti - velocizzare i tempi per l’installazione a bordo dei mezzi del pulsante rosso per le emergenze. Dobbiamo velocizzare i tempi e capire finalmente tutti che il problema sulla sicurezza a bordo degli autobus non è solo quello descritto dai dati presentati dalla Provincia, che tiene conto solo delle aggressioni fisiche agli autisti. Tutte le minacce verbali fatte agli autisti non sono registrate nelle statistiche ufficiali ma sono altrettanto gravi. L’autista deve essere equiparato ad un pubblico ufficiale. Forse così qualcuno ci penserà due volte prima di aggredirli o minacciarli».