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Da Rovereto a Tenerife, la storia dell’informatico trentino Daniele Sirianni: «Qui molte più opportunità»

Il suo consiglio: «Non smettere mai di volere imparare, di essere curiosi e di rincorrere i obiettivi personali e professionali con tanta costanza e perseveranza. Non trascurate però l’importanza della conoscenza delle lingue straniere. A partire dall’inglese»

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STORIE Le interviste dei trentini all'estero

di Nicola Marchesoni

ROVERETO. È nato e cresciuto a Rovereto e durante gli studi universitari ha capito che nel proprio dna c'erano le isole Canarie. Qui ha trovato la sua dimensione ideale: ora fa l'informatico in quella che lui chiama la "Silicon Valley europea". Stiamo parlando di Daniele Sirianni, 30 anni, che ha accettato di raccontarsi all'Adige in collaborazione con Mondotrentino (Ufficio emigrazione della Provincia).

«Sono arrivato nella zona dove mi trovo ora per gradi. Ho iniziato la carriera accademica a Udine, facoltà di tecnologie web e multimediali. Al secondo anno ho ricevuto un'offerta di lavoro part time come programmatore a Trento e per questo motivo mi sono spostato alla facoltà di Rovereto (Interfacce e Tecnologie della Comunicazione). Ho poi concluso il mio percorso universitario con un Erasmus a Granada di 6 mesi».

Lì ha capito che quello spagnolo era il suo mondo.

«Esatto. Attualmente vivo a Tenerife, una delle Isole Canarie. Mi sono presto innamorato della cultura spagnola e della sua gente. Al mio arrivo ho conosciuto due persone di Santa Cruz de Tenerife che mi hanno fatto crescere l'interesse per l'isola facendomela apprezzare in ogni sua sfaccettatura».

Perché ha deciso di restare alle Canarie?

«Le prospettive occupazionali post laurea in Trentino non erano incoraggianti. Nel mio settore si trovava poco lavoro e per giunta quel poco che c'era veniva pagato male. Ho così voluto giocarmi tutte le mie carte nella terra del mare e del sole eterno. Mettiamoci in più che il nuovo lavoro si trovava in una zona ideale per me: non vado d'accordo con il freddo, forse per via delle origini calabresi di mio padre che in qualche modo sono arrivate a me».

Cosa apprezza maggiormente del posto in cui si è trasferito?

«Sarebbe troppo lungo fare la lista dei pro. E' fantastico ad esempio come a distanza di pochi chilometri si passi dal mare alla montagna, dalle città grandi ai paesi costieri. Si può parlare delle Canarie come di un micro continente insomma su un'isola».

E dal punto di vista professionale cosa hanno le Canarie e la Spagna in più rispetto all'Italia?

«Parlo del mio settore ovviamente. Qui c'è una grande quantità di richiesta di lavoro per informatici. Non a caso parecchie aziende stanno spostando la propria sede in queste zone, anche grazie ad un programma del governo chiamato ZEC (Zona Especial Canaria) che consente ad un'impresa che apre la sua sede qui di pagare solo il 4% di tasse per i primi 2 anni di attività. Questa formula è stata introdotta principalmente per potenziare l'economia delle isole e per non farla dipendere solo dal turismo. Turismo che resta il primo settore economico locale, quello trainante: intorno ad esso ne stanno crescendo tanti altri».

Di cosa si occupa? Qual è stato il suo percorso professionale?

«Sono un programmatore informatico. Le Canarie stanno diventando, ripeto un concetto già espresso in precedenza, la "Silicon Valley europea". Trovarsi in questa location adesso è il top. Dopo gli studi a Granada e la laurea nel 2015, ho avuto una brevissima esperienza lavorativa a Madrid, poi mi sono trasferito definitivamente a Tenerife a marzo 2016. Nei miei anni spagnoli ho collaborato con tre differenti aziende. Sono state delle bellissime esperienze. Per motivi professionali sono stato inoltre varie volte negli Stati Uniti e più nello specifico in Texas. In tanti hanno creduto in me e mi hanno dato la possibilità di crescere. Sono molto soddisfatto del mio percorso di vita e di quello professionale che ho avuto finora».

Che rapporto ha con le persone locali?

«I canari e gli spagnoli, ma non dico nulla di nuovo, in generale sono persone socievoli, allegre e solari. Sicuramente il bel tempo e le molte ore di luce al giorno favoriscono il buon umore e la predisposizione alla socializzazione. Non ci sono barriere. Da noi pure a dicembre o gennaio c'è il sole fino alle 19, e questo si traduce in uno stile di vita all'insegna dell'apertura e dell'accoglienza. Io non ho avuto nessun tipo di problema a integrarmi con gli abitanti della zona, sempre disponibili a dare una mano a chi ne ha bisogno».

Lavoro a parte, come passa il suo tempo?

«Mi piace lo snorkeling. Adoro anche nuotare in mare aperto (quando è calmo), effettuare immersioni subacquee oppure più semplicemente fare una passeggiata sul lungomare e starmene in spiaggia. Non basta: molte volte vado a camminare in alta quota, poiché a differenza di quello che si può pensare, questa è una zona pure montagnosa. Basti pensare che a Tenerife c'è il vulcano Teide che è la vetta più alta di Spagna e uno dei vulcani più alti al mondo (3.718 metri). Sono infine un gran fanatico della musica metal e suono la chitarra elettrica, Ecco la musica è un'altra delle cose che mi tiene sempre vivo e allegro».

È in contatto con altri trentini che vivono in Spagna o in altre parti del mondo?

«Si, mi sento spesso con amici dell'infanzia che abitano a lavorano all'estero. In Cina, Regno Unito, Australia, Svezia e tante altre nazioni. Credo che tra persone nella tua stessa situazione, ovvero residenti fuori dai confini nazionali e magari provenienti dalla stessa regione, ci si capisca in maniera intuitiva. È costruttivo e motivante condividere le rispettive esperienze. Continuerò a farlo: sentire i racconti di chi come te è a contatto ogni giorno con culture diverse dalle proprie ti migliora».

Progetti per il suo futuro: ce ne sono?

«Tanti, in primo luogo viaggiare. Anche da noi, come nel resto del mondo, il Covid ha costretto la maggior parte delle persone, compreso il sottoscritto a fermarsi. Una situazione pesante. Sto riprendendo a muovermi come prima della pandemia. A parte un salto in Trentino una volta all'anno, di solito faccio 2 o 3 viaggi annuali, lavoro permettendo. Ho avuto la fortuna di vedere, tra i vari posti, i Caraibi (Bahamas), la Florida, il Texas, la California, il Nevada e numerose nazioni europee. Ci tengo però a sottolineare che non ho mai interrotto i miei rapporti con la terra da cui provengo a cui sono sempre affezionato».

Si sente di dare un messaggio ai trentini, in modo particolare a quei giovani che sognano di andare all'estero?

«Di non smettere mai di volere imparare, di essere curiosi e di rincorrere i vostri obiettivi personali e professionali con tanta costanza e perseveranza senza scoraggiarvi mai. Non resterete delusi. Non trascurate mai poi - l'ho capito sulle mie spalle - l'importanza della conoscenza delle lingue straniere. A partire dall'inglese: saperlo significa aprirsi tante porte ed entrare a far parte di mondi dai quali si resterebbe altrimenti esclusi».

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