Insulti, violenze e frustate alla moglie, finisce in cella per sei anni
All'esterno la coppia roveretana appariva come tante altre. Entrambi giovani, lei ventenne, lui trentenne, avevano iniziato un percorso di vita assieme e messo al mondo due bambini. Ma dentro le mura di casa la situazione era diversa
ROVERETO. Tre anni di inferno, tre anni di violenze, vessazioni, umiliazioni vissuti da una giovane donna all'interno delle mura domestiche. Gli insulti, le minacce, le violenze sessuali e anche le frustate sulla schiena. Un incubo che lei è riuscita a spezzare grazie anche al supporto della sua famiglia e degli amici. Lei che per lunghi mesi ha sopportato le prevaricazioni forse sperando che lui potesse cambiare, forse per fare crescere i loro bambini con un padre e una madre, poco meno di un anno fa ha detto basta.
Si era ritrovata - ha raccontato ai carabinieri - chiusa nel bagno di casa. Lui e lei da soli e lui la minacciava puntandole un coltello alla gola. La denuncia, le indagini e dopo neppure un mese la custodia cautelare per lui e un difficile, difficilissimo percorso di rinascita per lei.
Percorso che non si è ancora concluso. La vicenda è finita davanti al giudice Peloso che - era un abbreviato, rito che prevede la riduzione di un terzo della pena - ha accolto le richieste della procura è ha condannato l'uomo (che è ancora in carcere) a sei anni. Ha accolto anche quanto chiesto dalla parte civile (la donna si è fatta assistere dall'avvocato Alessandro Olivi): il risarcimento previsto è di 20mila euro. All'esterno la coppia roveretana appariva come tante altre. Entrambi giovani, lei ventenne, lui trentenne, avevano iniziato un percorso di vita assieme e messo al mondo due bambini. Ma dentro le mura di casa la situazione era diversa.
L'inizio dell'incubo nel 2019 quando lui inizia ad avere comportamenti aggressivi e umilianti nei confronti di lei. La molla? Una gelosia senza ragione e senza freni. Il suo avvocato difensore, Mirella Cereghini, ha anche chiesto in corso di causa una perizia psichiatrica. L'ipotesi? Delirio di gelosia. L'incarico è stato affidato al dottor Mancioppi che in aula ha illustrato i risultati della sua analisi. E il punto è che lui, mentre picchiava, violentava, minacciava, denigrava la giovane moglie, era completamente capace di intendere e di volere.
Sono purtroppo numerosi gli episodi costituiscono il capo d'accusa. Singoli momenti dolorosi che la donna ha ricostruito davanti ai carabinieri. Ci sono stati i calci e i pugni diretti anche al volto della moglie. Chiavi tirate contro con l'intenzione di fare del male, le mani strette alla gola e anche le frustate alla schiena. Un elenco dolorosamente lungo, aggressioni commesse anche davanti agli occhi impauriti, anche se forse inconsapevoli, dei piccolini di casa. E poi gli insulti, le aggressione verbali e le violenze sessuali. Reato, questo, che non era stato contestato all'uomo in un primo momento. È stato il gip che, chiamato a decidere su una richiesta di patteggiamento, ha negato il suo consenso e si è quindi arrivati ad un nuovo capo d'imputazione dove, assieme ai maltrattamento in famiglia e alle lesioni, all'uomo è stata contestato anche il reato di violenza sessuale.
E ora la sentenza di condanna a sei anni che l'uomo - che aveva già dei precedenti, anche se non specifici - sconterà in carcere. La richiesta di modificare la detenzione in carcere con quella ai domiciliari non è stata accolta.