Nicoletti: mi dimetto, ma niente troika
L'avventura di Michele Nicoletti alla guida del Pd trentino è prossima al capolinea. Per la segreteria boccia Olivi e Dorigatti, ma apre all'ipotesi Dalmaso. E invita tutti a trovare una soluzione rapida: «La linea politica è una: siamo nella coalizione di centrosinistra. Le priorità sono la lista e il programma per le provinciali di ottobre»
TRENTO - Michele Nicoletti, segretario del Pd provinciale, all'assemblea provinciale di domenica conferma di volersi presentare dimissionario. Spiega, però, di non considerare la troika la soluzione più adeguata per sostituirlo. In questa fase, spiega Nicoletti, che dà per scontato di non essere più segretario del Pd alla fine della riunione di domenica sera, serve un «coordinatore o una coordinatrice della segreteria» per arrivare a gestire le due priorità immediate per il partito: la presentazione di una lista forte e la gestione della campagna elettorale per cercare di vincere a ottobre le elezioni assieme alla coalizione del centrosinistra autonomista.
Segretario Nicoletti, domenica ci sarà l'assemblea provinciale. Come si immagina l'esito della riunione?
Per quanto mi riguarda, io mi presenterò dimissionario e al 99% dopo domenica non sarò più segretario. Detto questo, noi abbiamo il problema di gestire al meglio questi mesi e considerato il ruolo di parlamentare che rivesto, ritengo che ciò di cui abbiamo bisogno è un coordinatore o coordinatrice di segreteria, con una persona che abbia tempo di seguire gli aspetti della campagna elettorale e della lista, forte, che il partito dovrà presentare alle elezioni di ottobre.
Secondo alcuni dirigenti del Pd è fondamentale risolvere in fretta la questione del segretario ed evitare di trascinare la questione per settimane. Ritiene anche lei che si debba fare presto?
La discussione non deve durare a lungo, si deve passare in fretta all'operatività. Non possiamo passare due mesi a parlare di chi fa che cosa nel partito. Mi auguro, invece, che da domenica si esca dicendo: il segretario è questo, e indicando chi ha responsabilità nei vari settori che io propongo di individuare.
Su quali aspetti del partito occorre trovare nuove soluzioni, secondo lei?
Secondo me dobbiamo identificare le funzioni di cui abbiamo bisogno. Tra le altre: l'organizzazione, la comunicazione, l'allestimento del programma, i rapporti con la coalizione, i rapporti con il livello nazionale. Solo dopo si cercano le persone che possono svolgerle e che godono, in questo, della fiducia di tutti. Accanto a chi è già negli organismi, dobbiamo considerare i possibili innesti, a partire dalle persone sui territori, dagli amministratori e dai giovani responsabili di circolo che hanno lavorato benissimo.
Per la segreteria sono circolati molti nomi, qualcuno pensa anche a Alessandro Olivi o a Bruno Dorigatti. Lei cosa ne pensa?
Ritengo che chi è candidato in campagna elettorale dovrebbe concentrarsi solo su quell'obiettivo. Sarebbe meglio pescare tra le persone in uscita e che non sono candidate alle elezioni.
Tra queste c'è anche Marta Dalmaso: potrebbe essere un nome spendibile?
Il nome della Dalmaso può essere un esempio che va in questa direzione. Vista la situazione, occorre avere un coordinatore o una coordinatrice della segreteria che concentri le energie sulla campagna elettorale, sul programma e sulla lista che deve essere forte in vista delle elezioni di ottobre.
Pensa a una figura di garanzia con un ruolo temporaneo?
Sì, si tratta di una soluzione transitoria, per arrivare alle elezioni. Adesso non possiamo pensare a un segretario eletto per un intero mandato e che si nomina la sua segreteria. Fino a che non c'è un congresso, non ci sono maggioranze di tipo diverso. Inviterei invece a un ragionamento unitario e a un rafforzamento della squadra. Il nuovo segretario starà in carica alcuni mesi, poi al congresso si sceglierà la guida e ci sarà lo spazio per ragionare sulle questioni politiche e organizzative.
La possibilità di una troika di saggi per guidare il partito la considera una soluzione fattibile?
A mio parere non è l'ipotesi più funzionale per il partito, perché rischia di esporlo a problemi di equilibri interni.