Un welfare più «trentino»
Fa discutere l'approvazione in consiglio regionale (41 voti a favore, 11 contrari e 5 astensioni) del disegno di legge che, tra l'altro, introduce il requisito dei 5 anni di residenza per accedere ai benefici dal pacchetto famiglia della Regione. Soddisfatta l'assessore regionale al welfare, Martha Stocker . «Mi fa molto piacere - ha scritto in una nota - che sia stata ripristinata la clausola di residenza, consentendoci così di riservare le nostre eccellenti provvidenze sociali, come ad esempio l'assegno regionale al nucleo familiare, in primo luogo alla popolazione locale»
Fa discutere l'approvazione in consiglio regionale (41 voti a favore, 11 contrari e 5 astensioni) del disegno di legge che, tra l'altro, introduce il requisito dei 5 anni di residenza per accedere ai benefici dal pacchetto famiglia della Regione.
Soddisfatta l'assessore regionale al welfare, Martha Stocker . «Mi fa molto piacere - ha scritto in una nota - che sia stata ripristinata la clausola di residenza, consentendoci così di riservare le nostre eccellenti provvidenze sociali, come ad esempio l'assegno regionale al nucleo familiare, in primo luogo alla popolazione locale».
Critico, e già lo era stato nel corso del dibattito in aula, il consigliere del Pd Michele Nardelli che parla di «un doppio salto mortale all'indietro» e di una brutta fine di legislatura (quella di martedì era infatti l'ultima seduta del consiglio regionale) segnata da «una votazione decisamente insolita che accomuna la Svp alle destre südtirolesi e trentine su di un provvedimento che ripristina ciò che la Corte Costituzionale ha già bocciato».
Così Nardelli ricostruisce il tormentato iter di questa norma. «Nei mesi scorsi la sentenza 133 della Corte Costituzionale aveva ritenuto illegittima una norma della Regione che introduceva la distinzione tra i cittadini italiani e gli stranieri extracomunitari ai fini dell'erogazione dell'assegno regionale al nucleo famigliare per figli ed equiparati. In altre parole mentre per i cittadini italiani veniva richiesta la semplice residenza, per i cittadini extracomunitari si era prevista "la residenza in Regione da almeno cinque anni".
La Corte ha giudicato tale norma lesiva dell'articolo 3 della Costituzione italiana, ma anche della legislazione nazionale vigente. Di fronte a questo pronunciamento il Consiglio regionale aveva trovato una mediazione che riduceva il limite a due anni. E a questa indicazione si erano uniformate anche le assemblee legislative delle Province autonome. Con il Disegno di legge 65 approvato in Consiglio regionale si è voluto ritornare ai cinque anni».
Scelta bocciata sonoramente anche da Walter Alotti , segretario generale della Uil del Trentino: «Questa è pura propaganda strumentale all'imminente campagna elettorale». E aggiunge:
«Chiedere che i cittadini immigrati siano residenti da almeno cinque anni nel territorio regionale o provinciale, per poter accedere alle prestazioni di assistenza sociale è costituzionalmente illegittimo».