«Dellai rassegnati, il futuro siamo noi»

«Non è più il presidente che conoscevo: è nervoso, ha paura, sa che il sistema di potere che ha creato sta per saltare. E saremo noi a farlo. Le sue sono le parole di un disperato». Non ha mai amato il gioco di fino, Silvano Grisenti, e anche stavolta, di fronte all'attacco dell'ormai ex amico e sodale Lorenzo Dellai, al fioretto preferisce la clava. Umanamente, spiega riferendosi all'ex presidente della Provincia, mi dispiace per lui, ma ormai Lorenzo non ha più niente a che fare con il Trentino: il suo nome, sulla lista dell'Upt, alla fine sarà controproducenteI tuoi commenti

di Nicola Marchesoni

«Le offese di Lorenzo Dellai? Non mi sorprendono. Le sue sono le parole di un disperato. Si sta rendendo conto che fra poco il sistema di potere che ha creato salterà e per questo motivo ha perso il controllo della situazione. Dopo aver distrutto la Margherita, ora sta facendo la stessa cosa con l'Upt».
Silvano Grisenti risponde a tono all'ex governatore ed ex amico, che ha accusato lui e Diego Mosna di «non saper dire altro che quattro fandonie» e di «lavorare per una caricatura che il Trentino non si merita».
 

Silvano Grisenti, Dellai non è stato tenero nei suoi confronti. Cosa si sente di dirgli?
«Umanamente mi dispiace per lui. Quello che conoscevo, il mio Presidente, era un politico che, pur perdendo ogni tanto le staffe, non si lasciava mai andare ad esternazioni fuori luogo. Aveva rispetto per gli avversari politici e per chi la vedeva diversamente. Mentre lui pensava negli ultimi anni il mondo è cambiato. Non se ne rende conto. È nervoso».
 

Per quale motivo, secondo lei?
«Innanzitutto non è contento della sua avventura romana. È come un pesce fuor d'acqua. Il senatore Franco Panizza si è inserito meglio in Parlamento di lui, il che è tutto dire e poi...».

 

Prego.
«Il centrosinistra autonomista ha in mano, come noi, gli ultimi sondaggi, che dicono che la nostra coalizione lì ha affiancati e fra poco li sorpasserà. Normale, dunque, che nello schieramento di Ugo Rossi serpeggi paura, inquietudine».
 

Dellai, entrando nel merito delle accuse che vi ha rivolto, sostiene che state facendo una campagna elettorale populista.
«Assurdo. La gente accorre alle nostre riunioni perché trova la nostra proposta più interessante delle altre. Questa è la verità. Sentire dire, comunque, a me, l'uomo del fare, che sparo fandonie mi fa sorridere».

 

L'ex governatore ha, inoltre, fatto presente che lei si è sempre occupato di elaborazione politica, mentre lui di cantieri e di strade.
«Scherzava. Spero».

 

Grisenti mette all'improvviso da parte la diplomazia e affonda il colpo.
«Lorenzo non ha più niente a che fare con il Trentino. La decisione di mettere il suo nome all'interno del simbolo dell'Upt, frutto pure dei suggerimenti dei cattivi consiglieri di cui si circonda da tempo, sarà controproducente per lui e per la lista. È finita l'era dei personalismi in politica. La gente non ne può più». Aggiunge: «E sono stanco di sentire che io e Mosna facciamo demagogia. Chi lo sostiene partecipi ai nostri incontri».
 

Grisenti, a livello nazionale ci sono lavoro in corso, vedi le tensioni all'interno del Pdl, per la creazione di un nuovo polo moderato. Segue con interesse questo progetto?
«Sì. Le dirò di più. A differenza di quanto Lorenzo Dellai immagina, abbiamo già dei contatti con Roma. Dare a chi è di centro un nuovo punto di riferimento è uno dei motivi per cui ho deciso di tornare in politica. Nascerà presto qualcosa di molto interessante».
 

Girando per la provincia che Trentino sta trovando?
«Un territorio in affanno, specialmente in quella periferia tanto trascurata dalle ultime amministrazioni provinciali, ma desideroso di rilanciarsi. Abbiamo tutte le carte in regola per tornare ad essere protagonisti».
 

Si aspettava una campagna elettorale così avvelenata?
«Auspicavo che non lo fosse. Fa niente. Io vado avanti per la mia strada. Consapevole che fra tre settimane per chi corre con me ci saranno belle giornate. A vincere, però, saranno gli esasperati di un determinato sistema. Che noi smonteremo».

 

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