#trentoègiovane, parla la rettrice Daria de Pretis

Nel dibattito lanciato dall'Adige sulla difficile convivenza tra giovani festaioli e residenti in cerca di quiete si inserisce la rettrice Daria de Pretis: «Comune, operatori privati, esercenti, Università e studenti: sediamoci tutti insieme, creiamo un laboratorio di idee e risolviamo la questione di Trento che non è una città capace di soddisfare le esigenze dei giovani»

«Comune, operatori privati, esercenti, Università e rappresentanti degli studenti: sediamoci tutti insieme, creiamo un laboratorio di idee e risolviamo la questione di Trento che non è una città capace di soddisfare le esigenze dei giovani». La rettrice Daria de Pretis è molto interessata al dibattito lanciato dall'Adige nei giorni scorsi: «Movida, concerti, locali sotto sequestro, orari dei pub, proteste dei residenti e richieste dei giovani: sento moltissimo queste tematiche, sia personalmente sia come rettrice. A parte gli scontati appelli alla buona volontà e alla tolleranza, voglio lanciare una proposta concreta: creiamo insieme un progetto localizzato, con eventi e iniziative che possano accontentare pubblica amministrazione, giovani e residenti».
 

Perché lancia questa proposta?

«L'Università non può non essere interessata all'atmosfera che si respira in città e alla vita che vi si conduce, anche a quella notturna. Studenti e professori, assistenti e ricercatori risiedono a Trento e quindi vivono questi problemi quotidianamente. Credo che la città negli ultimi decenni sia profondamente cambiata grazie alle facoltà che sono nate e cresciute. Gli studenti hanno portato vivacità, hanno fatto crescere il capoluogo sotto tutti i punti di vista. Però siamo giunti a un bivio: adesso è necessaria una profonda riflessione su tutti questi aspetti, perché la convivenza tra le esigenze dei residenti e quelle dei giovani sta diventando difficile».
 

E lei da che parte si schiera?
«Si tratta di trovare degli equilibri. Gli studenti si lamentano, giustamente, perché non sanno dove e come trascorrere le ore libere, ovvero quelle serali. Dopo mattinate e pomeriggi interi tra studio e lezioni penso sia legittimo che possano svagarsi. C'è chi, per carattere, preferisce un libro o un film, ma anche chi vuole uscire, ascolta musica dal vivo, ballare o cenare tardi. E Trento non offre nulla di quello che si aspettano. Dall'altra ci sono i residenti: capisco perfettamente le loro perplessità, sarei la prima ad essere infastidita se aprissero una discoteca sotto il mio appartamento. Così nasce l'intolleranza, degli uni verso gli altri e viceversa. Bisogna riuscire a conciliare le legittime esigenze di entrambi».
 

E per farlo bisogna creare un laboratorio di idee.
«Può essere una soluzione. Una profonda riflessione,  sociale, storica e urbanistica è necessaria: facciamola tutti insieme e troviamo luoghi e idee adatte alla "nuova" Trento, quella dei giovani e degli universitari, senza ghettizzarli».
 

Questi temi sono discussi all'interno dell'Università?
«Sono molto sentiti: respiro una diffusa sensazione di una città non all'altezza. E l'ambiente nel quale è calata una facoltà è fondamentale per il suo successo».
 

Si corre il rischio di non essere più attrattivi per studenti e docenti?
«Trento offre servizi e una qualità della vita altissimi. Questo è un dato di fatto che a volte sottovalutiamo. Tuttavia 16 mila studenti e 600 professori hanno necessità ed esigenze che Trento non sa soddisfare. Bisogna fare dei passi in avanti, velocemente. Ma i segnali sono in senso opposto. Le richieste dei giovani, in molti casi, sono ragionevoli: c'è una forte domanda volta a vivacizzare l'ambiente ma le risposte non sono soddisfacenti».
 

Come dice lei, le richieste sono ragionevoli: nessuno pretende concerti di Pink Floyd o U2 tutte le sere in piazza Duomo...
«Anche perché non verrebbero autorizzati... Dobbiamo necessariamente e velocemente riflettere su tutto questo. Insieme».

 

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