Annullate le assoluzioni per il concorso Pat illegittimo
Dura da sette anni e non si è ancora concluso il tormentone giudiziario nato da un concorso indetto dalla Provincia nel 2007 per l'assunzione di 17 precari. Annullate le assoluzioni
Dura da sette anni e non si è ancora concluso il tormentone giudiziario nato da un concorso indetto dalla Provincia nel 2007 per l'assunzione di 17 precari. Il 17 ha portato davvero sfortuna vista la mole di contenzioso - penale, amministrativo e civile - che quella selezione "pasticciata" ha innescato. Il caso è entrato persino nel massimario della Cassazione che nelle settimane scorse ha depositato la motivazioni della sentenza con la quale a primavera aveva cancellato l'assoluzione dei quattro membri della commissione esaminatrice. E così ora la corte d'appello di Trento potrà fissare un nuovo - sarà il sesto e forse neppure l'ultimo - giudizio.
La vicenda è nota. Era stato uno dei candidati del concorso interno a rilevare e denunciare una serie di irregolarità nella redazione dei verbali. Ne era sorto un giudizio amministrativo che si era concluso dopo una dura sentenza del Consiglio di Stato con l'annullamento del concorso e il conseguente, doloroso, licenziamento da parte della Provincia dei "vincitori".
La vicenda aveva avuto anche un fronte penale che vede imputati i quattro membri della commissione esaminatrice. Nel corso degli anni le sentenze sono state più volte ribaltate dai successivi gradi di giudizio. La difesa era partita bene incassando due assoluzioni di fila in primo e secondo grado. L'amara sorpresa arrivò dal primo passaggio in Cassazione: la Suprema corte, infatti, accolse il ricorso della procura e annullò con rinvio le assoluzioni. Gli imputati tornarono dunque di fronte alla corte d'appello, questa volta sezione distaccata di Bolzano, per un nuovo giudizio. Ancora una volta vennero assolti, «perché il fatto non costituisce reato». In sostanza i giudici ritennero che, pur applicando procedure illegittime, avessero agito in buona fede adottando prassi consolidate in Provincia. Come dire che mancava il dolo, cioè la volontà di favorire qualcuno dei candidati.
Fine della vicenda? Niente affatto. La procura generale ha promosso un nuovo ricorso e la Cassazione per la seconda volta le ha dato pienamente ragione. Nelle motivazioni, depositate nelle settimane scorse dalla Prima sezione penale, i giudici della Suprema corte scrivono che la «la sentenza impugnata (cioè l'assoluzione da parte della Corte d'appello di Bolzano, ndr) è fondata su uno sviluppo argomentativo carente ed illogico e presenta errori di diritto».
Insomma, assoluzione bocciata in pieno. «La Corte di cassazione - scrivono i giudici - aveva concluso che formare e pubblicare prima l'elenco dei voti e poi i verbali che tali voti indicano costituisce una procedura obiettivamente falsa, in quanto l'atto successivo viene formato in assenza della documentazione dell'atto che lo precede».
I giudici sostengono che la tesi della buona fede, cioè aver agito con superficialità ma senza voler favorire nessuno, non regge. Viene definito «errore di diritto» aver sostenuto «che per integrare la fattispecie di falsità ideologica fosse necessaria la volontà consapevole della illiceità della condotta e di commettere un falso». Una volta stabilito che non si trattava di mero errore, secondo la Suprema corte per integrare il reato, basta la consapevolezza del contenuto inveritiero dell'atto. E così Sergio Vergari, dirigente del servizio lavoro della Provincia, che fu presidente della commissione; Alberto Pace; Chatia Torresani; Iris Zendron dovranno tornare per l'ennesima volta davanti ai giudici.
A questo punto per i difensori - gli avvocati Vanni Ceola, Giampiero Mattei e Beniamino Migliucci - i margini di manovra sono molto stretti, anche se un aiuto inaspettato potrebbe arrivare proprio dai tempi lunghi, cioè dalla prescrizione. Il nuovo processo di fronte alla Corte d'appello di Trento non è stato ancora fissato.