Veleni della Sloi, il puzzle della bonifica: capping, esproprio, costi e autorizzazioni
Prima di tutto vanno espropriati i terreni dei privati, ma non si sa a che prezzo. Poi va asportato lo strato velenoso (ma le Ferrovie dicono 3 metri, invece di 14). Fra resistenze dei privati e previsioni di utilizzo, la partita più delicata della Tav
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IL NODO Sloi e Carbochimica, quei terreni inquinati da 90 anni
TRENTO. Domanda secca: cosa si potrà fare dell'area inquinata ex Sloi? Un campo di tulipani? Un parco pubblico? Una chiesa? Uno stadio? L'assessore comunale alla transizione ecologica e alla mobilità, Ezio Facchin, sorride: «C'è determinazione a risolvere il problema dell'inquinamento in via definitiva, questo conta».
Facchin lo dice dopo la interlocuzione che il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti (in presenza), ed il sindaco di Trento, Franco Ianeselli (da remoto), hanno avuto ieri l'altro con il Mite, il ministero della transizione ecologica.
L'incontro romano con la sottosegretaria Vannia Gava, la commissaria straordinaria di Governo per il potenziamento della linea Fortezza-Verona, Paola Firmi, e Laura D'Aprile, capo del dipartimento sviluppo sostenibile del Mite, a qualcosa è servito.
Nuovo schema: l'esproprio. Il tema è la bonifica integrale delle aree inquinate in relazione al progetto del bypass ferroviario di Rfi. Dall'incontro, che segue quello di febbraio con il ministro Roberto Cingolani e a cui hanno partecipato anche i dirigenti Raffaele De Col e Roberto Andreatta per la Provincia e Livia Ferrario e Paola Ricchi per il Comune, sono emerse tre novità. La prima: il modello fin qui perseguito non regge più.
Lo si poteva capire da tempo, ma tant'è. Il modello, fatto proprio con il Prg del 2008, è il seguente: tu, soggetto privato, fai la bonifica, e noi Comune ti garantiamo che più spendi, più volumi potrai edificare per compensare i costi. Schema fallimentare.
Di nuovo, adesso, c'è che tutti i soggetti pubblici in campo, Provincia, Comune e Mite, che ne ha la responsabilità in quanto si tratta (da più di 30 anni) di un Sin (sito inquinato di interesse nazionale), ne prendono atto. Ecco quindi le parole di Fugatti: «Vogliamo cogliere l'occasione della realizzazione di questa opera strategica per lo sviluppo del Trentino (la circonvallazione ferroviaria, ndr), per sanare una situazione ambientale annosa, che grava da lungo tempo sulla città di Trento».
Ed ecco quelle di Ianeselli: «Auspichiamo un intervento di bonifica e di messa in sicurezza di tutta l'area, cambiando schema rispetto al passato e ricorrendo, come suggerito dalla delibera del consiglio comunale, alla pianificazione di interesse pubblico».
Esproprio sia, quindi. Il nuovo schema implica però di fare chiarezza su più aspetti. Chi espropria? L'ipotesi è di un intervento plurimo: di Rfi, che esproprierebbe non solo la parte del nuovo tracciato ferroviario tra ex Carbochimica ed ex Sloi, ma anche un "pezzo" di quest'ultima purché funzionale al progetto, ad esempio per realizzare la nuova stazione in linea; di Comune e Provincia per realizzare un'opera pubblica.
Esproprio a quale valore, però? Qui l'incognita è massima ed il terreno, oltre che inquinato, assai scivoloso. Perché le possibilità di ricorsi e contestazioni sono dietro l'angolo. Anche perché si potrebbe trattare di costo zero, se i costi di bonifica sono superiori al valore al m2 delle aree inquinate.
E, ancora: esproprio solo della ex Sloi, o di entrambe le aree a ovest ed est della ferrovia? «Non è il caso di esprimersi su questo» risponde Facchin «c'è un equilibrio da rispettare. Certo è che, sulle funzioni da insediare, sull'intervento pubblico di ricucitura, ci sarà una progettazione partecipata».
Con quali tempi? «Alla destinazione stiamo pensando» risponde il sindaco «ci serve un po' di tempo per capire se l'esproprio funziona e qualche settimana per chiarirci le idee». Protocollo tra Provincia e Comune. Quando sindaco e colleghi avranno le idee chiare, il passo successivo (è la seconda novità, implicita) sarà stabilire un accordo (convenzione o protocollo) con la Provincia per mettere a terra il nuovo schema di acquisizione pubblica delle aree inquinate. Servirà anche a sancire i rapporti con il ministero, perché l'obiettivo è di pescare da qualche rivolo romano le risorse per la bonifica.
Senza l'accordo con il Mite, infatti, si profila un esproprio limitato alle aree interessate al progetto di Rfi. Con l'ok di Cingolani, invece, si può ragionare sulla bonifica integrale. Che, però, dipende dal progetto di utilizzo pubblico previsto. Giacché è in funzione della destinazione d'uso che poi viene fatta l'analisi di rischio. Ed il livello di bonifica, come detto, incide sul nodo complicato del prezzo.
Deposito cantiere altrove. A Trento nord, il progetto di Rfi prevede, per le aree cantiere e di deposito del materiale di scavo, di utilizzare per intero l'area Sequenza (a valle della ex Sloi), quasi del tutto l'ex Carbochimica e per circa metà i 6 ettari della ex Sloi. La terza novità, comunicata a Roma da Paola Firmi, è che Rfi è disponibile a valutare di lasciare intonsa l'area ex Sloi, la più delicata, senza farci il capping (copertura e sigillatura con teli geotessili), per realizzare altrove il deposito cantiere. Dove, non è dato sapere.
Chi si oppone, intanto, ad ulteriori monitoraggi, è uno dei proprietari privati, Albertini (Tim srl), che ha chiesto garanzie. Rfi si è impegnata a fornire entro oggi il piano di campionamento, che il privato valuterà con i suoi legali.
Se darà l'ok, il campionamento sul soil gas (preoccupano le componenti volatili) sarà fatto in contraddittorio dai tecnici di Rfi e dell'Appa. Altrimenti, ci sarà l'occupazione della ex Sloi in forza di un decreto per pubblica utilità.
Fin qui arriva Rfi. Perché, Firmi l'ha ribadito, per realizzare il progetto ferroviario, quanto a bonifica, a Rfi basta rimuovere il materiale fino a 3 metri di profondità (non fino a 14) sulla linea di tracciato.