Sputi e minacce contro due famiglie straniere: il vicino di casa a processo per stalking razziale
Il 60enne avrebbe avuto atteggiamenti persecutori anche nei confronti di due minori: un bambino da allora ha incubi ricorrenti e soffre, per la prima volta si è sentito “diverso”. Da «Marocchini di m...» a «Io vi voglio sparare»
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TRENTO. Il bambino non riesce più a dormire bene: ha incubi ricorrenti. Dopo anni trascorsi sereni fra scuola e amici, per la prima volta si era sentito percepito e additato come "diverso". La mamma a casa non si sente più al sicuro. Controlla in continuazione che la porta sia chiusa. Lo fa anche di notte. Perché ha paura che "l'altro" possa entrare e possa far loro del male.
"L'altro" è il vicino di casa, un sessantenne trentino che ora è a processo con l'accusa di stalking aggravato dalla finalità di discriminazione e odio etnico, razziale e nazionale e dal fatto di averlo commesso in danno di minori. Un processo che mercoledì 15 marzo ha visto in aula le parti lese che hanno raccontato il loro vissuto difficile e segnato dal timore. Sì, perché stando alle accuse che vengono mosse, l'uomo avrebbe avuto per lungo tempo un atteggiamento persecutorio nei confronti di due famiglie. Entrambe straniere, una marocchina e una egiziana, le vittime sono due donne e i loro figli. Più che minorenni.
Tutti vivono qui da diversi anni e mai, nessuno di loro prima si è trovato - hanno spiegato - a vivere una situazione dolorosamente simile. I fatti risalgono al 2020. È estate quando uno dei due nuclei famigliari fa trasloco in un appartamento che aveva già occupato anni prima. Il loro arrivo - è stato spiegato - viene "salutato" in modo pessimo dal vicino: ci sono gli spunti e gli insulti. "Marocchini di m....". Episodi che si ripetono diverse volte.
Insulti e sputi anche nei confronti dei ragazzini, fino ad arrivare alla minaccia di morte: "marocchini di m... io vi voglio sparare, sparare, sparare". Un'escalation che ha portato le vittime di questi insulti e di queste minacce a decidere che non si poteva più andare avanti solo avendo paura e cercando di diventare invisibili. E quindi hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri. Dopo la denuncia scattano le indagini e si arriva quindi alla richiesta di rinvio a giudizio a carico del 60enne.
Come detto in aula hanno parlato le parti lese (che si sono appoggiate all'avvocato Filippo Fedrizzi per essere rappresentante come parti civili), chiamate a ricordare fatti di due anni e mezzo fa. Ma, a parte gli episodi che sono narrati nel capo d'imputazione, si è scoperto che l'atteggiamento dell'uomo non sarebbe cambiato dopo la denuncia. Una delle due donne ha raccontato che è stata seguita con la macchina da lui, che ha la sensazione che lui sparga con dello spray urticante la sua porta di casa quando lei è all'interno.
Non lo ha mai visto ma sente i rumori e un attimo dopo avverte il fastidio alla gola, al naso. E anche che lui più volte apre la porta del suo appartamento, urla degli insulti razzisti e poi la richiude. Anche di notte. Ed è così che per la donna, la sua casa non è più un rifugio ma è un carcere. «Non riesco più a sentirmi al sicuro a casa mia» ha raccontato al giudice Elena Farhat rispondendo alle domande del pm.
«La notte mi sveglio anche quattro volte per verificare che la porta di casa sia chiusa a chiave. Ci sono delle aree comuni del palazzo e cerco di evitarle. Ma se proprio devono andarci, mi faccio accompagnare da qualcuno. Perché ho paura, perché è capitato che lui mi seguisse». Lei, ha spiegato, si sente libera sono quando ha varcato la porta del palazzo dove abita «perché fuori c'è gente e lui mi fa meno paura». Gli insulti gridati dall'uomo dalla sua finestra, gli sputi sono stati diretti anche contro i figli - giovanissimi - delle due donne. E anche per loro da quel momento la vita è cambiata. In peggio.
Uno un particolare ha gli incubi la notte, si sveglia spaventato. E ha paura a stare a casa, di giocare in giardino, o al parco. E tutto quello che fa lo fa accompagnato da un adulto. Questa è, è bene sottolinearlo, la versione delle vittime. La loro denuncia, corroborata dalla testimonianze che sono state acquisite ieri in aula, sono una parte del processo che è in corso di svolgimento. Ci sarà quindi spazio anche per la ricostruzione dei fatti da parte del sessantenne che si dovrà difendere dall'accusa di stalking aggravato dal fatto di aver commesso il reato di atti persecutori anche contro minori e della finalità di razzismo.