Area ex Sloi, Baldracchi (Italia Nostra): «L'esproprio è la strada da seguire, Bortolotti sbaglia»
Parla la presidente dei protezionisti: «L’ente pubblico deve avere una regia forte e partecipata. Non come SuperTrento, esperienza “scolastica”»
NO TAV Bonfanti a Bortolotti: «Niente speculazioni, costruire non si può»
PARERE Bortolotti: «Il futuro dell'ex Sloi? Costruirci in altezza»
GIUSTIZIA Ex Sloi e Carbochimica: il Tribunale dice no al dissequestro
TRENTO. Il sequestro dei terreni da parte della magistratura, Comune e Provincia che parlano apertamente di esproprio. Il dibattito sulle aree inquinate di Trento Nord si è riacceso. Nei giorni scorsi in un'intervista all'Adige l'architetto Roberto Bortolotti ha indicato la via dell'accordo coi privati come strada più sicura, avanzando dubbi sulla necessità o utilità di una bonifica radicale dei terreni. Subito contestato da Elio Bonfanti, militante No Tav.
Manuela Baldracchi è presidente di Italia Nostra, organizzazione da sempre sensibile ai temi dell'ambiente e dell'urbanistica.
Cosa ne pensa architetto? Giusto espropriare?
Andiamo per gradi, innanzitutto penso che quella situazione non si sarebbe mai dovuta verificare. Ci volevano controlli e normative serie.
Stiamo parlando degli anni Settanta, altri tempi?
Beh non poi così lontani. Il territorio benché soggetto alle norme sulla proprietà privata era ed è un patrimonio collettivo che andava salvaguardato. Poi una volta inquinato il territorio avrebbe dovuto essere bonificato a carico di chi aveva causato l'inquinamento. E siamo già a due errori clamorosi: mancato controllo e mancato addebito.
Ora si torna finalmente a parlare del problema. L'architetto Roberto Bortolotti sostiene che tutto sommato, specie all'ex Sloi, la bonifica potrebbe addirittura essere più rischiosa che non alzare il terreno e mettere le zone inquinate sotto un sarcofago. Concorda?
Assolutamente no. Come sappiamo il suolo non è una superficie, ha uno spessore e la sua potenzialità è di rinnovare la vita. È la pelle del nostro pianeta, il laboratorio dove vivono e si sviluppano tre quarti dei batteri che costruiscono il nostro habitat. Pensare di risolvere le cose solo in superficie sarebbe come nascondere la polvere sotto il tappeto, sapendo che quella polvere penetra nel sottofondo, va a finire nelle falde e si espande. Sono veleni che non spariscono mettendoci sopra uno strato di terreno.
Qual è allora la priorità? Come intervenire?
Innanzitutto ben venga l'interramento della ferrovia. Noi abbiamo sempre contestato la soluzione del tunnel che affiora alla rotonda di Nassiryia; avevamo sempre chiesto che i binari rimanessero sottoterra fino all'incrocio col viadotto della tangenziale. Quella sarebbe stata una soluzione che proiettava la nostra città verso un futuro vivibile sia in centro storico che nella parte nord. Penalizzare quella per privilegiare l'altra è una disparità inaccettabile.
E sulle aree inquinate cosa pensa? Giusto l'esproprio per fare la bonifica?
Certo. Noi come Italia Nostra pensiamo che le nuove costruzioni debbano essere fatte solo all'interno di un perimetro urbanizzato mentre fuori bisogna dire stop al consumo di territorio. Dentro a questo perimetro ci sta sicuramente l'idea di costruire alloggi e nuovi quartieri. Se l'amministrazione si accolla la bonifica, e non mi pare di vedere alternative visto quanto non fatto negli ultimi decenni, poi deve avere un ritorno per questo intervento. L'esproprio deve servire però per interventi complessivi: servizi pubblici ma anche la creazione di quartieri omnicomprensivi per la vita sociale.
Ma così non creiamo un ente pubblico che diventa imprenditore immobiliare? Siamo sicuri che sia proprio questo il suo ruolo?
Abbiamo l'esempio luminoso dei Paesi Bassi dove lo stato, subito dopo la seconda guerra mondiale, espropriò per creare quartieri e città con la logica del disegno complessivo, senza dover pensare agli interessi dei proprietari. Hanno espropriato, realizzato città secondo la logica urbana e poi hanno ceduto o affittato questi grandi comparti. È stato possibile creare città straordinarie, veri modelli. L'ente pubblico deve fare la regia, poi cedere in maniera controllata e coordinata le mansioni.
Dunque per Trento Nord lo schema sarebbe: esproprio, regia e progettazione pubblica e poi coinvolgimento di altri privati nella realizzazione?
Esattamente. Ci vuole un percorso di reale partecipazione e poi banche, assicurazioni, cooperative, imprese, tutti potranno fare la loro parte nel realizzare questi settori di città. Certo l'ente pubblico deve rendersi conto che il suo ruolo è quello di definire gli obiettivi e poi organizzare la realizzazione. Siamo di fronte a una nuova e grandissima opportunità.
Ma non si rischia, come dice Bortolotti, di andare incontro con l'esproprio a una serie infinita di ricorsi e litigi coi proprietari?
Assolutamente, sono favorevolissima all'esproprio e penso che se ci adagiamo a una visione di questo tipo significa che abbiamo perso su tutti i fronti. Lo strumento dell'esproprio non deve essere attaccabile e oggetto di ricatto, deve essere una strada diretta perché la pubblica utilità deve essere sempre prevalente rispetto all'interesse del privato cittadino. Questo lo certifica anche la nostra Costituzione. Bisogna confermare la valenza di questo strumento che l'ente pubblico deve poter adottare senza essere attaccato e ostacolato dal privato.
Poi nel concreto fino a dove dovrebbe spingersi il ruolo del pubblico?
Dovrebbe fare l'esproprio e poi dei piani attuativi dove decidere funzioni, volumi e anche tipologie e forme. La progettualità iniziale deve già dire cosa abbiamo in mente per quel luogo. Poi la progettazione esecutiva e la realizzazione la possono fare i privati.
Detto questo la teoria della città verticale la condivide?
Entro certi limiti, dipende dalla tipologia del luogo. Sul fondovalle si può pensare anche ad altezze superiori a quelle della collina, ma tutto va rapportato al luogo e al tipo di progetto. Bisogna lavorarci tanto, le città devono essere pensate. Le amministrazioni devono indicare esigenze e obiettivi e poi coinvolgere i professionisti che sappiano progettare. Sono temi complicati ma il dibattito è importante. Non come nel caso delle Albere, dove si è scelto un professionista dal grande nome che mettesse tutto a tacere. La crescita della città dovrebbe essere partecipata.
Non è quello che si tenta di fare con SuperTrento?
No, non direi. Quello è un tipo di partecipazione molto scolastica. Abbiamo partecipato ai primi incontri ma c'era poca gente e non rappresentativa della complessità della città.