Trento, il presepio evoca le macerie della vita e le vittime della violenza
Alla parrocchia del Santissimo, in corso tre novembre, il riferimento è fra l'altro alla tragedia in Medioriente. I volontari: "La violenza sembra diventata l’impronta distintiva del nostro tempo. Ed è lì che Gesù viene al mondo, per ricordarci che la speranza è la capacità di stare dove la vita ci ha messi, provando a fare quello che la vita ci chiede"
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TRENTO - Un presepio che cala il messaggio cristiano nella drammatica attualità dei nostri giorni, quello allestito alla parrocchia del Santissimo, in corso tre novembre a Trento. Quest’anno il riferimento è alla tragedia in Medioriente, specie a Gaza (ma non solo) dove tra le vittime ci sono molti bambini.
Davanti al portone della chiesa, accanto a Gesù bambino, ci sono le macerie e le immagini di persone disperate, bimbi compresi. “Per entrare nelle chiese occorre attraversare le strade che la storia ci pone davanti”, hanno scritto su un cartello i volontari dell’Associazione oratorio del Santissimo, autori del toccante allestimento sacro.
“Le strade di oggi - spiegano poi in una nota - sono coperte da cumuli di macerie di chi ogni giorno vede crollare le proprie case e le proprie vite sotto le bombe nemiche. Migliaia di vite innocenti sepolte dall’odio e dalla bramosia di potere di leader politici incapaci di distinguere il bene e il male. La violenza sembra diventata l’impronta distintiva del nostro tempo: si mostra sotto forma di conflitti internazionali, di relazioni private sempre più tossiche e conflittuali, di divisioni ideologiche e faziose, di voci contrastanti che si agitano e lottano nei nostri cuori.
Sempre più spesso nelle nostre vite - prosegue la nota - abbiamo la sensazione di attraversare campi minati, di sentirci sotto attacco, di essere i bersagli mobili delle nostre scelte sbagliate, degli imprevisti della vita, dell'odio o dell'indifferenza di qualcuno.
In quei momenti risuonano le sirene e gli allarmi, vacillano le nostre fragili fondamenta, si sbriciolano le apparenze, crollano le false certezze.
Cumuli di macerie si accumulano nelle nostre vite. Pietra dopo pietra ci sentiamo schiacciati da un peso sempre più insopportabile, che finisce per trasformare le nostre vite in sepolcri.
Ed è lì che Gesù viene al mondo, tra le macerie della vita, per ricordarci che lì dove tutto sembra finito germoglia l'amore e il conforto di Dio. Gesù viene al mondo per ricordarci che la speranza è la capacità di stare dove la vita ci ha messi, provando a fare quello che la vita ci chiede.
E per fare questo dobbiamo essere disposti a spianare i cumuli di paure che ci impediscono di guardare lontano; a superare le paludi delle delusioni nelle quali restiamo spesso impantanati; ad abbattere le montagne di orgoglio, che ci impediscono di vedere gli altri e i loro bisogni; a riparare i sentieri accidentati delle nostre relazioni; a evitare i terreni scivolosi dei nostri pregiudizi, perché l'unico modo per riuscire ad amare è essere disposti a lasciarsi ferire dalla vita.
Alla vigilia dell'apertura dell'anno Santo dobbiamo spalancare le nostre porte a Dio e alla vita, togliere i chiavistelli degli egoismi e dei pregiudizi, per andare incontro al prossimo e lasciarlo entrare nei nostri cuori. Solo così possiamo far nascere Gesù nelle nostre vite, ed essere nel mondo pellegrini di una speranza che non delude mai".