Vallo tomo di Mori: l'alternativa

L’alternativa c’è. Ed è stata presentata mercoledì 3 agosto alla comunità di Mori che, accorsa numerosa presso il teatro parrocchiale, ha ascoltato e accolto quello che potrebbe essere il progetto alternativo al vallo tomo presentato dalla protezione civile.
 
Al posto dell’opera provinciale - che per farsi un’idea avrebbe le sembianze di una casa alta quattro piani e lunga 250 metri - il comitato cittadino spontaneo «DaVicoloaVicolo», avvalendosi di geologi e ingegneri e con il pieno sostegno di «Italia Nostra» e dell’«Alleanza mondiale per il paesaggio terrazzato», in meno di un mese ha elaborato una nuova proposta tecnicamente fondata, «meno impattante ma egualmente sicura» per proteggere il paese dal diedro pericolante.
 
«La provincia - introduce la serata Corrado Pellegrini del comitato - lo scorso maggio ha presentato un ottimo progetto dal punto di vista della sicurezza ma è mancato il confronto sulla tutela del territorio terrazzato con le sue peculiarità, persone, fauna e aspetti climatici». Ecco che allora un pool di tecnici, interpellati dal neonato comitato, basandosi sulle documentazioni fornite dagli stessi tecnici provinciali, su materiale d’archivio e diversi sopralluoghi, ha ideato la nuova soluzione per mettere in sicurezza l’ammasso roccioso che incombe su Mori e allo stesso tempo salvaguardare il paesaggio terrazzato delle «fratte», un patrimonio caro alla comunità. L’assessore Mellarini, dopotutto, al termine dell’assemblea di Mori del 23 maggio scorso, data in cui venne presentato per la prima volta il progetto del vallo tomo, aveva lasciato aperte le porte ad eventuali proposte alternative.
 
«La provincia aveva bocciato la possibilità di stabilizzare il diedro, ancorandolo con funi e reti alla parete - opzione “considerata troppo pericolosa per gli operatori” - ricorda l’ingegnere di Torbole Erminio Ressegotti - prevedendo, invece, la costruzione di un grande vallo tomo, alto 11 e lungo oltre 200 metri, dietro via Teatro per contenere le scariche di massi dovute alla demolizione dello sperone pericolante con cariche esplosive». «Noi - continua Ressegotti - abbiamo pensato a una demolizione controllata, senza esplosivi. In questo modo blocchi di piccole dimensioni, massimo 10-20 metri cubi di roccia, potranno essere intercettati da un vallo tomo più piccolo».
 
Come spiega infatti il geologo Augusto Azzoni, il nostro progetto prevede la realizzazione un «mini» vallo, alto 3-4 metri e lungo 120 metri (circa la metà di quello della Provincia), lungo la stradina agro-silvo-pastorale che conduce a Montalbano, e di costruire una seconda linea di difesa, costituita da reti paramassi, a ridosso delle abitazioni del centro storico.
 
I tecnici del comitato hanno anche avanzato una seconda soluzione: un sistema di barriere paramassi ad alta resistenza nella stessa posizione prevista per il vallo tomo della provincia. «Abbiamo cercato una proposta che fosse il più vicino possibile a quella provinciale, ma meno invasiva. È importante mettere in sicurezza quel masso, ma per farlo dobbiamo considerare due elementi fondamentali, la partecipazione e il paesaggio. Le “fratte” sono un’opera collettiva, fragile e ricca di storia, fatta manualmente nel corso dei secoli, e per questo non può essere intaccata», afferma il presidente di Italia Nostra Beppo Toffolon.
 
«Le fratte vanno preservate», è la voce decisa che si alza dalla sala. Alcuni bambini srotolano uno striscione: «Le nuove generazioni vivono nella speranza alimentata dal vivo ricordo lasciato dalle esperienze che le vecchie generazioni hanno con immani fatiche reso testimonianza». Lunedì Mellarini ha convocato il Comitato «DaVicoloaVicolo» per aprire un tavolo di dialogo e solo allora si saprà se la provincia continuerà decisa per la sua strada, o prenderà in esame l’alternativa.

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