Mori, in piazza contro il vallotomo Residenti, Schützen e anarchici insieme
«Questa è devastazione, non sicurezza. Fermare i lavori, fissare il dietro subito». Questo lo striscione che la Tribù delle Fratte ha appeso a uno dei muri a secco ancora in piedi all’interno del cantiere della discordia. Doveva essere una protesta pacifica. E così è stato. Circa trecento persone ieri pomeriggio hanno manifestato contro la realizzazione del vallotomo: sono partite da piazza Cal di Ponte e sono salite lungo vicolo Zocchel fino ai terrazzamenti sopra l’abitato per resistere e dire no a un’opera definita «inutile e devastante».
Qui, abbattendo una recinzione, la Tribù, assieme ai comitati e ai numerosi cittadini presenti, ha violato il cantiere, camminando sulle macerie delle «fratte» e mostrando a tutti i lavori in corso. Ma si sono presto ravveduti dall’andare oltre, di attraversare cioè tutta l’area off limits e buttare giù l’altra barriera per poi scendere in paese da vicolo Prearua. Alcuni cittadini contrari infatti hanno desistito, convincendo l’intero gruppo a ripercorrere a ritroso la strada già fatta. Una sorta di autoregolamentazione. Che, alla fine dei conti, ha fatto sì che tutto terminasse senza tensioni.
«Voleva essere un gesto evocativo ma alcuni di noi non erano d’accordo nell’oltrepassare le recinzioni e siamo tornati indietro», affermano a megafono aperto i promotori dell’iniziativa. «Una manifestazione pacifica, senza divise, come doveva essere, per risvegliare il coraggio e il sentimento di giustizia della popolazione. - commenta Emilio Piccoli - Un’azione di coraggio contro l’arroganza del potere che ha imposto un’opera dall’alto. Davanti a un pericolo conclamato le autorità stanno giocando d’azzardo sulla vita dei cittadini, vogliono spianare le fratte e al contempo spianare anche la resistenza psicologica delle persone. Non potevamo girare la testa. Chiediamo quindi di fermare i lavori, stabilizzare il diedro, evacuare i residenti».
Accanto a lui Rosanna Bazzanella, la prima ad osteggiare l’opera accampandosi in tenda sulla fratte.
C’erano le mamme No Tav di Marco, esponenti anarchici, associazioni ambientaliste, anziani nostalgici, semplici curiosi e famiglie e, mischiati tra loro, Schützen in borghese e alcuni politici di minoranza. Perfino due zapatisti, in abiti tradizionali messicani, «a difesa di tutti i territori». Ma ieri le classificazioni non avevano senso tanto era l’affiatamento collettivo. «Questa è l’ultima cosa che possiamo fare e dev’essere vincente. - affermano quelli della Tribù - Non so se ce la faremo a fermare l’opera, le possibilità sono risicate ma è un’azione doverosa e un diritto resistere a questa distruzione. Abbiamo visto che assieme possiamo mettere in difficoltà i potenti che stanno vacillando come quel diedro lassù. Iniziamo da Mori a scuotere le coscienze e evitare altre imposizioni».
Il segretario del Pd moriano Lanfranco Cis tira un sospiro di sollievo: «Sono contento per Mori che la manifestazione si sia svolta pacificamente. La non folta partecipazione dimostra che sta crescendo sempre più la consapevolezza fra i cittadini che i lavori, pur dolorosi per qualcuno, vengano fatti per la sicurezza dei cittadini non contro di loro. Prima finiscono prima possiamo ritrovare la serenità e cessare i veleni e le tensioni che hanno compromesso la vita civile della nostra comunità».