«Il mio sogno di camionista» Silvia Aste l'ha realizzato
Silvia Aste l'ha realizzato
Immaginatevi una bambina seduta nella cabina del camion accanto al papà. Il lavoro nel mondo dei trasporti lo porta a stare spesso fuori casa e lei, pur di trascorrere più tempo con lui, resta lì seduta a dominare la strada che si snoda davanti ai suoi occhi per centinaia di chilometri. Ha tempo per sognare mentre papà porta il carico a destinazione e sogna di diventare una camionista. Se fosse la trama di un film la scena successiva si aprirebbe con la scritta «qualche anno dopo... ». La telecamera riprenderebbe la strada e poi indugerebbe sulle mani che stringono il volante. Non sono più quelle possenti di un uomo ma quelle curate di una donna. La stessa bambina, ormai cresciuta, che il suo sogno l’ha realizzato quando ha compiuto 21 anni.
Oggi Silvia Aste di anni ne ha 23 e di professione fa la camionista, come papà Paolo. È tra le candidate del concorso «Sabo rosa», il premio giunto alla nona edizione che, in occasione della festa della donna, viene conferito ad una lavoratrice del mondo dei trasporti. Consiste in un esemplare unico dell’ammortizzatore Sabo tinto di rosa e in un pranzo per la vincitrice. Se otterrà abbastanza voti e se verrà scelta Silvia Aste potrebbe essere eletta la «camionista d’Italia». E, guarda a caso, anche lei è di Vallarsa proprio come la sua conterranea Alice Rachele Arlanch, miss Italia 2017. Hanno più di una cosa in comune: sono determinate, belle, indipendenti e femminili. Pur facendo un lavoro faticoso infatti anche Silvia non rinuncia a unghie lunghe e colorate, tagli e acconciature e nemmeno ad un bel paio di scarpe col tacco.
Silvia, a che età ha iniziato a fare questo lavoro?
«Ho iniziato a 21 anni, perché prima di quell’età per legge non si può conseguire le patenti che abilitano alla guida del camion. Io ho iniziato le pratiche un mese prima del compleanno».
E com’è nata questa passione?
«Mi hanno sempre detto di puntare in alto! E io l’ho fatto. Papà ha una ditta di trasporti ed io quando ero piccola e lui c’era poco in casa ho iniziato ad andare con lui e mi sono innamorata di questo lavoro. Da piccola dicevo a tutti “io voglio fare la camionista”, e tutti ridevano. Invece ce l’ho fatta».
È felice di questa scelta?
«Tante volte, quanto la giornata va storta o sono stanca, mi chiedo chi me lo fa fare. Ma se sto giù dal camion per qualche giorno mi accorgo che è una vita che mi manca. Nonostante i sacrifici: spesso parto alle tre di mattina e poi arrivo a casa alle sei la sera, quindi la vita durante la settimana te la dimentichi».
In casa com’è stata accolta la sua decisione?
«Mamma non era molto contenta e la capisco perché mi chiedo come sarà se domani dovessi avere un figlio. E poi sono la più piccola di tre sorelle... Papà ed io invece caratterialmente possiamo considerarci due orsi, quindi non ci diciamo smancerie... ma lo vedo che è orgoglioso di me».
E gli amici cosa le dicono?
«Chi fa il mio stesso lavoro mi dice di non cambiare per nessuno, anche se dovessi trovare un uomo che mi chiede di scendere dal canion. Chi invece non fa parte di questo mondo non capisce perché vale la pena lavorare dalle 13 alle 15 ore al giorno».
Cosa significa per lei sedersi alla guida di un camion?
«Ogni giorno è una conquista. Tutte le mattine vedo il sole che nasce in un posto diverso e penso che dentro ad una fabbrica o ad un ufficio non lo vedrei. Siamo un po’ dei gitani, noi camionisti».
Mentre viaggia cosa le tiene compagnia?
«La telefonata di un collega che si è messo in viaggio presto come me, la radio».
E chi non la conosce e la incontra in giro come si comporta?
«Ci sono colleghi nelle ditte in cui arrivo a caricare o scaricare che mi guardano sorpresi e mi chiedono: “Guidi tu?”. Allora rispondo con una bauttuta: “No! Si guida da solo”. Altri che si rivolgono a me dicendomi: “Per favore chiami l’autista?”. All’inizio devo dire la verità che questo modo di fare mi irritava, ora mi fanno sorridere. E poi, come diceva Marilyn Monroe, “accetto di stare in un mondo di uomini pur di farlo da donna”».