Ala, la gente non vuole la mega-discarica di rifiuti nella ex cava a Pilcante
«Una sala così piena non s’era mai vista a Pilcante»: così commentava qualcuno uscendo dalla prima assemblea pubblica sulla nuova discarica di inerti da realizzarsi nelle cave esaurite. Martedì scorso buona parte del paese, più di 150 persone, ha risposto all’invito del «Comitato no discarica» per informarsi sulla proposta presentata al Via il 19 aprile dalla «Cave di Pilcante Sas». Il risultato è netto: 120 le firme raccolte per richiedere al Comune il diniego dell’autorizzazione, firme che saranno portate oggi all’incontro col Servizio autorizzazioni e valutazioni ambientali della Pat (Sava).
«È una follia inaccettabile»: questa, in due parole, la posizione con cui il comitato ha concluso la presentazione delle criticità riscontrare nell’ipotesi di spostare in 10 anni circa due milioni di metri cubi di rifiuti inerti in cava, per poi procedere alla bonifica. Assieme ai timori su traffico, inquinamento e controlli, la comunità ha manifestato vari dubbi sulle interferenze dell’opera con la salute, l’economia e il paesaggio.
«Vogliamo condividere le nostre preoccupazioni» ha introdotto l’insegnante di musica Chiara Saiani. «L’area è qualificata come discarica inerti dal piano della Comunità della Vallagarina - ha spiegato l’avvocato Alessandra Eccheli - Pensando a rifiuti inerti non biodegradabili non sembrano sussistere problemi ambientali e geologici, ma spulciando il progetto riscontriamo ben altra situazione». «La prima perplessità è il rialzo previsto di 15 metri sopra il livello delle campagne: ciò è contrario al piano cave, rimarrebbe un colle isolato e avulso dal territorio - ha proseguito Marica Cavagna - Poi ci sono i problemi legati al traffico. Dato il divieto a Chizzola, tutti i camion passeranno da sud e da Pilcante». Benché il progetto riporti la media di 64 camion/giorno, ai quali aggiunge i circa 10 circolanti per le attività di cava, «nelle situazioni di picco il numero sale fino a 256 mezzi, un camion ogni due minuti» ha illustrato Antonella Simoncelli, parlando poi di rifiuti: «Si tratta di una lista lunga, ma il nostro timore è sul perché delle deroghe già richieste sulle concentrazioni di metalli pesanti. I contaminanti elencati sono tutte sostanze cancerogene e tossiche. Cito l’arsenico perché è la principale causa d’inquinamento dell’acqua. Si parla di amianto. E poi di metalli connessi a malattie cardiovascolari. La valutazione che definisce i rischi accettabili ci lascia basiti e sembra lacunosa. Si sa che nelle attività estrattive e discariche i controlli spesso son fatti dalle imprese perché l’ente pubblico non è in grado di garantirli con costanza».
«La lista non definitiva dei conferenti certificati dà l’idea del tipo di rifiuti che arriverebbero» spiega Marica Cavagna. «C’insospettisce che molte ditte non siano trentine ma di Verona, Brescia, Milano, perfino Roma. Sono elencate 6 acciaierie, 5 ditte dell’edilizia, 8 di bonifiche e smaltimenti, due di riciclo di rifiuti industriali, pericolosi e non, una di petroli. Ci sono le acciaierie di Borgo. Oltre al rischio che il percolato possa colare dall’impermeabilizzazione, pensiamo alle polveri. Le prime abitazioni sono a 400 metri, una a 150, non a 600». Claudio (veterinario) e Marco Soini (insegnante di religione) hanno osservato che «è sottostimato il fattore tempo, non ci sono pronostici a lungo termine e su eventi esterni. La discarica cambierà superficie e sottosuolo per centinaia d’anni. Perderanno valore case e terreni. Si parla di parco ma lì non si potrà più piantare nulla, viti, alberi o verdura». E l’imprenditore Tiziano Vicentini: «Si dice che finito il riempimento s’andrà avanti con altri step concordati col Comune, che avrà le responsabilità sul sito; dal punto di vista del business è come non si deve fare, per come la vedo io».
È stato poi dato spazio alla platea. I cittadini favorevoli a una bonifica in chiave agricola hanno sottolineato il contrasto con la vocazione vitivinicola e l’immagine del territorio. «Spesso faccio analisi di terreni vicino a discariche: subiscono trasformazioni tali da non essere più agricoli - ha spiegato un’agronoma - L’acqua circola. Anche se vi si può piantare sopra il processo è irreversibile».
Infine c’è chi ha il sollevato il problema generale: «Dove mettere i rifiuti?» Il comitato ha risposto «Non qui»: «Trovare le alternative a un progetto calato dall’alto non è il nostro compito. Il Comune faccia una controperizia. Questa ipotesi antepone il vantaggio economico di pochi all’interesse pubblico, alla salute e all’ambiente: non possiamo accettarlo».