Sfruttati e segregati in una roulotte

di Francesco Terreri

Il primo dei tre, che oggi ha 34 anni, è arrivato in Trentino dalla Bosnia nove anni fa, nelle quote di immigrazione regolare per lavorare in agricoltura. Gli altri due, anch’essi bosniaci di 25 e 22 anni, l’hanno raggiunto successivamente.

L’azienda agricola di Levico che li aveva ingaggiati, titolare un imprenditore del luogo, aveva indicato, come da normativa, un alloggio disponibile a Pergine e promesso un regolare contratto. In effetti in questi anni i tre sono stati pagati come raccoglitori, ma non come operai agricoli, e hanno avuto i contributi versati per 450 ore l’anno. Il piccolo particolare è che ne lavoravano più di duemila, in un caso 2.300. Il resto era in nero. Non solo. Invece dell’appartamento, che si è rivelato fantasma, i tre giovani sono stati alloggiati in vecchie roulotte fatiscenti e lì, ai margini del bosco, hanno vissuto fino a che, qualche mese fa, sono sfuggiti a questo regime semi-schiavistico, hanno incontrato il sindacato e hanno lasciato l’azienda e l’Italia.

«In Trentino ci sono casi di lavoro nero e senza tutele, da noi ne emergono una decina l’anno. Ma una cosa del genere non l’avevamo mai vista». Lo afferma Fulvio Bastiani della Fai Cisl che, insieme alla sua collega sindacalista Katia Negri, racconta la vicenda, ancora incredulo. Ora il dossier raccolto è in mano ai legali del sindacato, che presenteranno l’esposto penale. A carico dell’azienda di frutta e verdura, presente anche nei mercati rionali della zona, ci sono contestazioni di evasione fiscale e contributiva e di una somma di circa 100 mila euro che i tre non hanno avuto come regolare retribuzione. «Senza contare che dobbiamo valutare il danno di una situazione così degradata, in cui è stata negata la dignità della persona. Mi sono vergognato di essere trentino».

Lavoratori in nero costretti nel sudiciume



Ma i casi di lavoro nero e irregolare in Trentino sono molti di più. Nel 2016 gli ispettori Inps hanno effettuato in provincia accessi ispettivi mirati nei confronti di 510 aziende, individuate attraverso l’incrocio dei dati. I lavoratori in nero riscontrati sono stati 140, i lavoratori in situazioni irregolari 200, per un totale di 340 persone che lavoravano con poche o nessuna tutela. L’evasione contributiva accertata è pari a circa 3 milioni di euro. Sempre secondo l’Inps, nel 2017, dopo anni di calo, il fenomeno è cresciuto di dimensioni, anche per casi che non nascono in Trentino ma che coinvolgono aziende locali (vedi a fianco).
I tre giovani lavoratori, spiegano Bastiani e Negri, hanno subìto per anni le condizioni degradate di alloggio e di lavoro anche perché sono rimasti isolati. Il titolare dell’azienda cercava di tenerli lontani dal pubblico, li accompagnava lui una volta al mese a fare la spesa. Dormivano al freddo, su materassi sporchi, si lavavano con l’acqua fredda una volta alla settimana, facevano il bucato nella lavatrice dove il titolare lavava le coperte per il cane.

Alla fine, quando il titolare ha rifiutato loro l’acqua fredda per lavarsi almeno ogni tre giorni, non ce l’hanno fatta più. Grazie ad un amico che li ha messi in contatto col sindacato, hanno deciso di lasciare l’azienda. Sono tornati in Bosnia, dove però lavoro continua a non esserci come nove anni fa, e ora sono in un altro Paese europeo a lavorare in condizioni più umane.

«Noi non abbiamo mai incontrato il titolare - precisa Bastiani - Abbiamo cercato il contatto con Coldiretti, con cui abbiamo regolari rapporti sindacali, perché era l’organizzazione che curava le buste paga per l’azienda di Levico. Per Coldiretti, che vedeva solo i documenti regolari, era tutto a posto, ma quando hanno saputo la verità si sono subito dissociati».

«Non ci sono isole felici - aggiunge Katia Negri - speriamo che, in seguito a questo, altri trovino il coraggio di denunciare. Prima di tutto viene la dignità della persona».

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