Indignazione a Vetriolo: sale sulla Lupa di Vaia, poi posta tutto sui social
Furente il vicesindaco Arcais: «Con le dovute proporzioni, è come arrampicarsi sulla fontana del Nettuno a Trento o su qualsiasi altra opera artistica che non si trova custodita in un museo - ha aggiunto Arcais condannando il gesto - è una scultura unica, non ne esiste un’altra e, in caso di rottura non è possibile rimpiazzarla»
VETRIOLO Lupa, l'attrazione
VETRIOLO. La Lupa di Vaia è stata scambiata per una struttura per free climbing. L’opera d’arte realizzata quest’anno, che è divenuta in poco tempo una meta cult per molti residenti, turisti e visitatori di passaggio, è stata “scalata” da un escursionista della zona che ha successivamente postato la foto sui social.
Lo sconcertante episodio che ha visto protagonista la gigantesca struttura realizzata con parti di legname recuperato dai boschi della località Vetriolo di Levico devastati dalla tempesta Vaia nell’ottobre del 2018 «era inimmaginabile - ha dichiarato il vicesindaco Patrick Arcais a riguardo - ai piedi della scultura abbiamo deciso di porre un cartello che indica il divieto di toccare, più per una questione di buonsenso che perché pensavamo potesse servire davvero».
La Lupa, uno spettacolo che lascia a bocca aperta e completa la magnificenza di un panorama ferito ma immortale, è stata realizzata dall'artista veneto Marco Martello, in arte Martalar, e abbraccia la Valsugana sul Pian della Casara a 1600 metri di altezza: pur trovandosi all’aperto e in mezzo alla natura è un’opera d’arte e come tale va trattata.
«Con le dovute proporzioni, è come arrampicarsi sulla fontana del Nettuno a Trento o su qualsiasi altra opera artistica che non si trova custodita in un museo - ha aggiunto Arcais condannando il gesto - è una scultura unica, non ne esiste un’altra e, in caso di rottura non è possibile rimpiazzarla».
Costruita a memoria di Vaia, rappresenta anche un’occasione di rilancio per la località levicense; da sola l’opera di Martalar riesce ad attirare in quota decine di persone che non possono che restare affascinate dal panorama e che porteranno con sé un bel ricordo di Levico e della Valsugana, sempre, però, nel rispetto del buonsenso. Oltre al valore dell’opera, che potrebbe aver subito dei danni dopo essere stata “cavalcata”, è anche una questione di sicurezza: realizzata con 2000 pezzi di legno di scarto non trattato di diverse forme e dimensioni, dopo due mesi di lavoro dell’artista, e alta sei metri, non è certo stata pensata per essere scalata e chi l’ha fatto poteva rischiare una gran bella caduta.