La tesi di Gabriele Cetto per restituire vita alla Masera: «L’avrei salvata come punto vendita di prodotti locali»
All’interno dell’ex macera tabacchi, il trentenne avrebbe previsto dello spazio anche per l’artigianato, il turismo, la cultura e un museo storico. Il Comune e la Provincia hanno deciso di abbatterla, senza ascoltare l’appello di Vittorio Sgarbi
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LEVICO TERME. L'ex macera tabacchi può avere ancora un suo ruolo all'interno della città? Gabriele Cetto, trentenne della frazione di Selva, studente ed imprenditore agricolo, non ha dubbi. La risposta del giovane alla domanda che molti levicensi si stanno facendo è contenuta nella tesi di laurea in Ingegneria edile e architettura che sta ultimando all'Università di Trento con Maria Paola Gatti come docente relatrice.
Costruita nel 1925 per la produzione del baco da seta e del tabacco Nostrano del Brenta, oggi l'ampia struttura è divisa tra chi ha deciso di demolirla (il Comune e la Provincia) sostenendo che l'immobile non è più sicuro, e chi la vuole mantenere in piedi, tra cui Vittorio Sgarbi, gli ambientalisti di Italia Nostra e il Fai (Fondo per l'Ambiente Italiano).
Gabriele, come mai ha scelto la Masera come tema della sua tesi?
«L'ho sempre ritenuta un luogo agricolo abbandonato, e vista la mia professione è stato naturale scegliere una realtà a me vicina. A livello emotivo quello è un posto importante per me, dato che mio nonno e mio padre ci hanno lavorato. Mi dispiacerebbe la sua demolizione».
Cosa propone nella sua tesi, per il futuro della struttura?
«La mia idea è quella di destinarla a polo ricettivo multifunzionale per la vendita contadina di prodotti locali e della Valsugana, che secondo il mio parere le cooperative agricole non riescono oggi a valorizzare a sufficienza».
C'è chi ne vorrebbe fare un polo culturale. Lei cosa ne pensa?
«La grande superficie della macera è esagerata per una destinazione simile. Rendere tutti quei metri quadrati a solo museo è uno spreco. Se la si vuole recuperare, la macera dovrà diventare polifunzionale. E poi la sua storia è incentrata sulla produttività agricola, quindi non può essere abbandonata a mero museo».
La Provincia ha recentemente finanziato con 5 milioni la costruzione del nuovo polo della cultura in via Dante, al posto dell'ex cinema.
«Trovo un'assurdità e uno spreco spendere così tanti soldi. All'interno della Masera si potrebbe avere il polo della cultura e molto altro, con molti meno costi».
Torniamo alla sua tesi. Come è strutturata, nello specifico?
«Una parte storica analizza il percorso della macera e le motivazioni per le quali è stata abbandonata, a partire dagli anni '50. Poi ho fatto un'analisi urbanistica di Levico: per un nuovo polo turistico la Masera non va bene, meglio utilizzare gli edifici abbandonati attorno alle terme. Per quanto riguarda la parte ingegneristica, sto studiando il posizionamento di pannelli fotovoltaici sul tetto e le celle frigorifere interrate, per avere un risparmio energetico. L'energia potrebbe essere trasmessa anche agli edifici che sono vicini».
Come sarebbero destinati i grandi spazi interni?
«La parte interrata sarebbe destinata a celle frigorifere. A piano terra si svolgerebbe la vendita contadina, in continuità con il Parco asburgico, il mercato settimanale e i mercatini di Natale. Il primo piano sarebbe dedicato ad artigianato e turismo, l'ultimo piano al polo culturale e al museo dedicato alla storia della macera. La mia idea è quella di mantenere tutta la struttura, con le capriate lignee».
E per la parte a sud, quella più impattante alla vista, al momento vuota?
«Creerei un piccolo parco con piante autoctone. Qui volano le tegole dal tetto, di fronte c'è uno spazio bloccato dove non si può entrare. Serve valorizzare l'edificio, senza più vederlo come un ecomostro».
Quando pensa di concludere la tesi?
«L'obiettivo è di finirla entro l'anno, e comunque prima che la abbattano. Mi dispiacerebbe molto, sarebbe un grande spreco. E poi penso a mio nonno: credo si rivolterebbe nella tomba a sapere tutto quello che sta succedendo».