Natthaphong, "italiano" dopo 25 anni di attesa: “Non dovrò più esibire il permesso di soggiorno”
Natthaphong Sae Lee è arrivato 25 anni fa da Siror dal sud della Thailandia il 4 novembre del 1998. Venticinque anni a slalomeggiare tra i paletti della complessa burocrazia, durante i quali "Nattha", orgogliosamente tailandese, non ha mai smesso di sentirsi anche e soprattutto italiano
PRIMIERO SAN MARTINO DI CASTROZZA. Quanto può essere difficile diventare cittadino italiano? Natthaphong Sae Lee lo ha scoperto sulla propria pelle nei 25 lunghi anni che sono trascorsi dal suo arrivo a Siror dal sud della Thailandia il 4 novembre del 1998, al 3 marzo 2023, il giorno successivo al giuramento in municipio di Fiera davanti al sindaco Daniele Depaoli. Venticinque anni a slalomeggiare tra i paletti della complessa burocrazia, durante i quali "Nattha", orgogliosamente tailandese, non ha mai smesso di sentirsi anche e soprattutto italiano.
Questo però non gli bastava. Sentiva di dover mettere un punto fermo sulla sua esistenza, di sistemare una volta per tutte la sua situazione, e finalmente ci è riuscito tre mesi fa, con la tanto attesa firma. Così quella di oggi è per lui una giornata dal sapore speciale: la sua prima Festa della Repubblica da italiano. 4 novembre 1998-3 marzo 2023. Sono passati quasi 25 anni dal suo arrivo in Italia.«Giunsi a Siror che avevo 7 anni (Natthaphong, classe 1991, ne compirà 32 il 15 agosto, ndr), per raggiungere mia mamma che si trovava in Primiero già da un paio anni. Ho cominciato a frequentare la scuola elementare nel mio paese, facendomi subito molti amici». Arrivare in Italia non significa ovviamente diventare automaticamente cittadino italiano.
«Quando mia mamma si sposò non presentò la richiesta di cittadinanza per me. In quel momento non le era sembrata una cosa importante da fare, ma poi è cominciata ad emergere la necessità di avere quel pezzo di carta. Così lei ha avviato il procedimento che mi avrebbe portato ad ottenere la cittadinanza». Da allora di anni ne sono però passati parecchi. Qual è stato l'intoppo?«Lei è diventata cittadina italiana quando io ormai ero maggiorenne, dunque non ho più potuto prenderla automaticamente».
Come si è sbloccata la sua situazione? «Per presentare la domanda di cittadinanza dovevo essere in regola con lo stato tailandese e questo significava fare il servizio militare. Una pratica diversa da come è inteso oggi qui in Italia: sveglia presto, niente cellulare, dure prove fisiche e atletiche, il cibo era quello che era. Però è stata un'esperienza che ho fatto con convinzione, in modo volontario, e che mi ha cresciuto. Sono stato in Thailandia nel 2015, per un anno intero. Al termine del servizio ho ricevuto il documento che attestava la mia fedina penale pulita e che il mio dovere era stato fatto». Da quel momento è partita tutta la trafila burocratica.
«L'anno successivo ho cominciato a richiedere la cittadinanza, preparando tutte le carte. Il settembre scorso è arrivato il decreto di cittadinanza, ultimo passo prima del giuramento, che avrei dovuto fare entro 6 mesi. Volevo aspettare che anche mia figlia Hannah fosse in regola con tutti i documenti, ma il tempo era ormai scaduto. Ora il visto è arrivato anche per lei, quindi sono ancora alle prese con le carte. Ma stavolta dovrebbe essere più facile». Quali sono stati i problemi che ha avuto in questi 25 anni per non essere cittadino italiano? «Ho dovuto rinnovare in continuazione il permesso di soggiorno. Essendo extracomunitario, ogni anno dovevo rinnovare il tesseramento per giocare a calcio (con l'Us Primiero, ndr). Viaggiare, anche all'interno del continente, comportava sempre qualche passaggio in più. E poi carte e ancora carte per tante altre cose».
Cosa significa per lei essere diventato a tutti gli effetti italiano? «Nonostante sia qui da tanti anni mi sento onorato di avere ricevuto la cittadinanza. È una grande emozione, un passaggio della mia vita che mi ha commosso. Questo arricchisce il mio bagaglio personale, mi darà meno problemi e renderà più agevole la mia vita. Ora agli sportelli non dovrò più esibire il permesso di soggiorno. È stata più di una semplice firma: oggi mi sento più italiano». Natthaphong, che di lavoro fa l'elettricista, la scorsa settimana ha voluto celebrare il momento per lui molto significativo festeggiando al Bar Ero di Siror, dove ha invitato i familiari e gli amici che hanno condiviso con lui questo lungo percorso. Con lui la piccola Hannah, 5 anni, che cresce con tanto amore. Papà e figlia vegliati da un angelo, l'amata moglie che li guarda dal cielo.