Tribunale / Il caso

Riesumarono le salme senza avvertire la famiglia, ma il Tar nega il risarcimento

La complessa vicenda in Primiero, dove il Comune ha demolito la tomba di famiglia. Per gli eredi, che hanno fatto causa, niente danni: l’istanza è stata «tardiva»

di Marica Viganò

PRIMIERO. Non erano presenti quando le salme dei genitori e di altri parenti sono state esumate dalla tomba di famiglia, nel corso di lavori al cimitero. E per questo chiedono i danni al Comune, oltre al ripristino della sepoltura.

La vicenda arriva dal Primiero e vede gli eredi dei defunti, assistiti dall'avvocato Andrea Lorenzi, contrapposti all'amministrazione comunale per un danno non solo materiale, ma anche morale: le salme erano state collocate per alcuni giorni in un magazzino con «l'impossibilità» - come è stato evidenziato nel ricorso - «di far visita ai propri cari presso la tomba di famiglia».

Tuttavia per il patimento lamentato non riceveranno neppure un euro: così ha deciso il Tar di Trento, presieduto da Alessandra Farina, che ha dichiarato inammissibile sia il ricorso che la domanda risarcitoria perché tardivi.

Come emerso dagli atti, gli eredi erano stata avvisati già nella primavera del 2018 che la tomba in concessione sarebbe stata ricollocata in una nuova area, ma alle due convocazioni fissate a ridosso dei lavori, ad inizio 2020, non si erano presentati. Inoltre per i giudici amministrativi i patimenti lamentati dai familiari per l'accaduto «sono riconducibili alla stessa condotta dei ricorrenti i quali, rifiutando di collaborare nell'attività volta a collocare la tomba di famiglia in un sito alternativo corrispondente a quello originario, hanno ritardato il completamento dei lavori».

La tomba era stata acquistata dal padre dei ricorrenti per la somma di mille lire. E in quei loculi per decenni hanno riposato i defunti della famiglia. Nel corso di lavori di ampliamento del cimitero, è però emersa la necessità di spostare quella sepoltura come da prescrizioni della Soprintendenza dei beni culturali. Nel 2018 il Comune aveva convocato gli eredi, i quali in un primo momento avevano dichiarato di accettare la traslazione della tomba, a condizione che l'amministrazione ripristinasse il viale del cimitero previsto dal progetto di riorganizzazione.

Gli stessi familiari, appreso poi che l'intervento avrebbe riguardato solo l'ampliamento e non il viale, avevano manifestato la propria contrarietà. L'amministrazione, una volta approvati i lavori e dopo aver chiesto un parere al Consorzio dei Comuni, è andata avanti con il programma. La comunicazione agli eredi dell'imminente spostamento della tomba risale ai primi giorni di marzo 2020, ma nessuno si era presentato alle due convocazioni.

La traslazione era avvenuto a maggio 2020, nei giorni post lockdown. I resti dei defunti sono stati deposti in cassette zincate e sigillate, come previsto dalla normativa, e collocate prima nel magazzino comunale, poi provvisoriamente nella cappella della chiesa, in attesa della deposizione definitiva nell'area designata. Secondo gli eredi, mancherebbero da parte dell'amministrazione atti formali riguardo all'intervento. Il Tar evidenzia però che il Comune non ha proceduto "solo" alla demolizione della tomba di famiglia, ma «ha provveduto alla traslazione a propria cura e a spese della stessa, in conseguenza della soppressione parziale di una parte del cimitero»: dunque non è necessario un provvedimento di revoca o decadenza della concessione.

Ma c'è un'altra questione che è stata sollevata dall'avvocato Gabriele Finelli per l'Avvocatura dello Stato (in difesa del Comune), e che è stata recepita dal Tar: il ricorso degli eredi è stato presentato tardi, ben oltre i 60 giorni dal momento in cui hanno avuto conoscenza dei provvedimenti con cui erano stati approvati i lavori al cimitero. Anche la domanda di risarcimento per i danni morali è stata tardiva.

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