Crimine / Giustizia

Accoltellato a Levico, il ferito migliora, l'udienza di convalida dell'arresto dell’albanese

Si chiarisce il quadro del fatto di sangue di lunedì: l’aggressore ha ferito il vicino con un «cutter» da cartongesso, la lite per uno stendino della biancheria rovesciato

TRENTO. Slitta a domani mattina, venerdì 21 giugno, l'udienza davanti al Gip per la convalida dell'arresto del 46enne di origine albanese accusato del tentato omicidio avvenuto nei giorni scorsi a Levico.

L’uomo, che attualmente si trova nel carcere di Trento, si è costituito lo scorso 17 giugno in seguito a una lite tra vicini di casa, in cui un 49enne di origine marocchina è stato gravemente ferito da diverse coltellate a braccia e collo.

Dopo i fatti, il 49enne è stato trasportato all'ospedale Santa Chiara, dove è stato sottoposto a intervento chirurgico d'urgenza e poi ricoverato in terapia intensiva. Trasferito poi in rianimazione, le sue condizioni sarebbero in miglioramento.

«Sono stato io a colpirlo con il taglierino, ho dovuto difendermi». L’aggressore, 41enne operaio albanese, ha ammesso le proprie responsabilità davanti ai carabinieri. Anzi, è stato lui - accompagnato dalla sorella e dal cognato - a suonare il campanello della caserma di Levico per costituirsi. Caserma che nel tardo pomeriggio di lunedì era chiusa: l’uomo ha poi chiamato il “112” e atteso l’arrivo della pattuglia.

Davanti ai militari ha rilasciato dichiarazioni spontanee, spiegando di aver reagito ai pugni del vicino, un 49enne nato in Marocco. Di fatto entrambi, sia aggredito che aggressore, hanno passato la notte in ospedale: la vittima con ferite al collo e al torace provocate da un cutter professionale, il 41enne con contusioni al naso ed alla mandibola.

Dal Santa Chiara ieri è arrivata la conferma che le condizioni dell’aggredito sono meno gravi di quanto apparso in un primo momento, quando i carabinieri della compagnia di Borgo Valsugana - sentito il pm Davide Ognibene - hanno proceduto per tentato omicidio.

Alle 18 circa di lunedì è scoppiato il violento diverbio fra i due, che vivono ad una sessantina di metri di distanza l’uno dall’altro, in via Santa Croce a Levico. Tutto sarebbe nato da uno stendino per i panni, che si trovava nell’area accanto all’appartamento del 41enne ora in carcere. Marku Fatmir, questo il nome dell’arrestato, operaio nel settore edile, rincasando dal lavoro avrebbe trovato lo stendino distrutto, scaraventato a terra.

E non sarebbe stata la prima volta, tanto che ha chiamato l’amministratore condominiale lamentandosi.

Tutto è accaduto in pochi attimi, come ha raccontato l’uomo ai carabinieri: mentre la moglie stava uscendo con le borse dell’immondizia, ha visto il vicino, Said Fahri, dipendente di un locale di Levico, avvicinarsi con fare minaccioso. Da lì sarebbe partito il diverbio, subito sfociato in una sanguinosa colluttazione. «Lui mi ha aggredito e io mi sono difeso» ha spiegato Fatmir ai carabinieri e successivamente all’avvocata che lo difende, Irisa Kulja. Prova ne sono le ferite che ha riportato in volto e che hanno fatto temere che vi fosse una frattura: per accertamenti sull’entità dei traumi il 41enne, in stato di arresto, è stato trattenuto in ospedale a Trento fino al pomeriggio di ieri.

Dimesso dal pronto soccorso, si sono aperti per lui i cancelli del carcere di Spini. Sostiene la difesa che non c’è stata alcuna premeditazione: il taglierino è uno gli attrezzi che si utilizzano nell’edilizia, ad esempio per il taglio del cartongesso, e lo aveva con sé perché appena tornato dal cantiere.

Said Fahri, colpito con il cutter e sanguinante, era stato portato d’urgenza in elicottero al Santa Chiara. Inizialmente le sue condizioni erano apparse critiche, ma fortunatamente il quadro clinico si è ridimensionato e ieri è stato trasferito dal reparto di rianimazione a «osservazione breve». Le dimissioni sono imminenti e presto potrà dare la sua versione dei fatti ai carabinieri.

A casa lo attendono la moglie, che pure è impiegata nel settore della ristorazione, e due figli piccoli. La coppia vive e lavora da anni a Levico. Nessuno screzio con i colleghi o con altre persone. Anche Marku Fatmir vive e lavora da anni a Levico, dove ha raggiunto i parenti che ormai sono italiani a tutti gli effetti.

La famiglia è dunque ben inserita nel contesto sociale e lo stesso arrestato non avrebbe mai avuto problemi con la giustizia in passato. Prima di andare in caserma a costituirsi si era preoccupato per la salute della moglie, che è in attesa di un bimbo e si era spaventata per l’aggressione: aveva accompagnato lei e la loro figlioletta a casa della sorella. 

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