Berlusconi leader Pdl anche fuori dal Parlamento

Mentre sulle spiagge italiane si allunga l'ombra degli striscioni «Forza Italia, forza Silvio» attaccati alla coda di piccoli aerei che fanno avanti e indietro da Ferragosto, nel Pdl prende quota l'ipotesi di un leader «esterno» al Parlamento, magari «ripulito» da un annetto di servizio sociale. A parlarne è l'ex ministro Francesco Nitto Palma, che si dice convinto che Berlusconi possa continuare a esercitare la sua leadership «a pieno titolo» anche fuori dal Parlamento

Mentre sulle spiagge italiane si allunga l'ombra degli striscioni «Forza Italia, forza Silvio» attaccati alla coda di piccoli aerei che fanno avanti e indietro da Ferragosto, nel Pdl prende quota l'ipotesi di un leader «esterno» al Parlamento, magari «ripulito» da un annetto di servizio sociale. A parlarne è l'ex ministro Francesco Nitto Palma, che si dice convinto che Berlusconi possa continuare a esercitare la sua leadership «a pieno titolo» anche fuori dal Parlamento. E da giurista osserva: chiedere la grazia non significa affatto accettare la condanna sancita dalla Corte di Cassazione per il caso Mediaset e comunque questo «non escluderebbe in alcun modo altri mezzi di impugnazione della sentenza». In ogni caso, se alla fine Berlusconi scegliesse i servizi sociali sarebbe un successo di immagine, perché «aiuterebbe i più deboli e convincerebbe i ragazzi a rinunciare alla droga». Il tutto, probabilmente, sotto l'occhio delle onnipresenti telecamere: un bel battage pubblicitario.
Ma anche Giuliano Ferrara sembra aver preso atto che non sia, quella della grazia, la strada da percorrere. Anche perché - fa presente il direttore del Foglio - «le sentenze si possono criticare  ma poi si applicano, Berlusconi deve farsi alcuni mesi di domiciliari o servizi sociali o quel che sarà», ed eserciterà la leadership da casa, così continuerà a fare politica e «a sostenere il governo». E Osvaldo Napoli paragona Berlusconi a Julia Tymoshenko, che «pure in carcere resta la leader dell'opposizione ucraina».
Ma a parte questi interventi, ufficialmente il Pdl non rinuncia a blindare il suo leader e i legali di Berlusconi  «soppesano anche le virgole» per aiutare il loro cliente a individuare una soluzione che gli consenta di restare politicamente in campo a tutti gli effetti.
Un problema che ha ricadute anche sulla tenuta del governo che, secondo il ministro Gaetano Quagliariello, non è affatto «blindato» dalla nota firmata martedì da Giorgio Napolitano. Così come non è per nulla scontato il successo della stagione delle riforme, finché non si pone fine al conflitto istituzionale in atto. Il nodo resta dunque quello dell'ineleggibilità e incandidabilità di un condannato in via definitiva, che per Maurizio Gasparri deve trovare «soluzione politica», ma il giurista e mancato presidente della Repubblica Stefano Rodotà definisce «l'agibilità politica» di Berlusconi una «invenzione» per «forzare la mano al Colle». Colle che ha mandato a dire agli interlocutori di non coltivare illusioni e di seguire invece la rigorosa strada indicata dalle normative vigenti.
Nel frattempo però non si ferma la macchina della Giunta delle autorizzazioni, che anzi preme l'acceleratore (la riunione è fissata per il 9 settembre) e con il presidente Dario Stefàno fa sapere che non ci saranno sconti né salvacondotti «provenienti dall'esterno». E mentre sempre Quagliariello dice no a «esiti predeterminati» in giunta, invitando ad approfondire la questione senza fretta, Luigi Zanda - capogruppo del Pd al Senato - è tranchant: non si deve temporeggiare specie su «argomenti così delicati su cui anche la legge richiede una tempestività estrema». E comunque - aggiunge - «con la legge Severino» in cui rientra il caso Berlusconi «la decadenza» da senatore è inevitabile e automatica. Non si fa dunque impietosire il Pd, che sembra sbarrare tutte le strade al Cav.

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