Il Cav: «Resto leader del centrodestra»
Rullano i tamburi di guerra tra Pdl e Pd sul destino di Silvio Berlusconi. Il leader del centrodestra, il «futuro» capo dei nuovi azzurri, guida la riscossa e preannuncia che guiderà la battaglia in prima persona. Lo scettro del suo partito non sarà consegnato a nessuno, neppure alla fidatissima figlia Marina. «Io resisto! non mollo. State tranquilli che non mi faccio da parte, resto io il capo del centrodestra » annuncia il Cavaliere che esorta la sua truppa ad andare «avanti con coraggio. Non vi farò fare assolutamente brutte figure» promette
Rullano i tamburi di guerra tra Pdl e Pd sul destino di Silvio Berlusconi. Il leader del centrodestra, il «futuro» capo dei nuovi azzurri, guida la riscossa e preannuncia che guiderà la battaglia in prima persona.
Lo scettro del suo partito non sarà consegnato a nessuno, neppure alla fidatissima figlia Marina. «Io resisto! non mollo. State tranquilli che non mi faccio da parte, resto io il capo del centrodestra » annuncia il Cavaliere che esorta la sua truppa ad andare «avanti con coraggio. Non vi farò fare assolutamente brutte figure» promette. Se la linea dei «falchi» prevale, se il Pd risponde per le rime e ribadisce che non farà sconti al Cavaliere in giunta per le elezioni, lo stato maggiore del partito di Berlusconi non rinuncia comunque a tentare l'ultima carta con il Quirinale. Nonostante le perplessità, nonostante la delusione per il suo ultimo messaggio, il pressing sul Presidente della Repubblica non si arresta.
«Da Napolitano ci aspettavamo di più» dice il presidente dei senatori del Pdl Renato Schifani mentre Daniela Santanchè bolla come «irricevibile, in politichese, e drammatica per la democrazia» la recente nota del Presidente. Ma Fabrizio Cicchitto non lascia intentata la strada della mediazione del Colle. Il Presidente, dice, «deve ulteriormente misurarsi con la estrema gravità della situazione». Perché quella in atto è «una partita tra le più drammatiche e delicate della vita politica italiana. Che mette in gioco sia il governo del Paese, sia il destino politico e la libertà personale del leader del centrodestra». E, avverte Cicchitto, «in una situazione del genere nessun atto di irresponsabilità e nessuna forzatura sono accettabili». Michela Biancofiore si rivolge direttamente al premier: sia lui, propone, a chiedere un segnale politico al Colle. E «l'unico segnale possibile per una vera pacificazione» sarebbe «la commutazione della pena a Berlusconi».
In attesa di segnali, l'obiettivo, per il Pdl, resta nell'immediato quello di sterilizzare il voto in Giunta per le elezioni, cercando di rinviare il voto e facendo largo alle interpretazioni che non considerano il giudizio di incandidabilità valido retroattivamente. Da parte del Pd, in ogni caso, non arrivano segnali di distensione, anzi. Dopo il segnale dato da Enrico Letta, il partito fa fronte comune e respinge le minacce di affondare il governo del Pdl.
«Il Pd comunque voterà la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi» dichiara Gianni Pittella, candidato alla segreteria.
Le richieste del Pdl su Berlusconi «sono irricevibili e sconcertanti» chiarisce anche l'ex ministro Pd, Cesare Damiano.
Una chiusura a cui si ribella tutto lo stato maggiore del Pdl.
«L'atteggiamento del Pd è pregiudiziale» si lamenta Renato Brunetta. «Nei ragionamenti del Pd c'è un sovraccarico di ipocrisia che rischia di pesare sulla stabilità dell'esecutivo» avverte Osvaldo Napoli.
In una «maggioranza diversa» che sostenga un governo Letta bis «non ci sarà il Pdl né nessuno dei suoi parlamentari» avverte Renato Schifani dopo aver però assicurato che non ci saranno dimissioni in massa dei parlamentari del Popolo della libertà nel caso passi l'incandibailità di Berlusconi.
M5s rilancia però la possibilità di formare un nuovo governo prima di passare per il voto. Se cade l'Esecutivo Letta, spiega l'ex presidente dei deputato Cinque Stelle, Vito Crimi, «Napolitano ci dia un mandato esplorativo. Proponiamo due, tre, cinque punti base e poi si torna al voto. Siamo pronti».