Turchia, Erdogan blocca anche YouTube
ANKARA - È altissima tensione a tre giorni dalle cruciali elezioni amministrative di domenica in Turchia, dove il premier Recep Tayyip Erdogan ha ordinato oggi il blocco di YouTube dopo quello di Twitter deciso venerdì scorso, dopo nuove scottanti rivelazioni su piani di intervento militare "provocato" in Siria.
ANKARA - È altissima tensione a tre giorni dalle cruciali elezioni amministrative di domenica in Turchia, dove il premier Recep Tayyip Erdogan ha ordinato oggi il blocco di YouTube dopo quello di Twitter deciso venerdì scorso, dopo nuove scottanti rivelazioni su piani di intervento militare "provocato" in Siria.
Da giorni l’opposizione accusa Erdogan, impantanato negli scandali di corruzione, di ricercare una "avventura" militare in Siria per distrarre l’attenzione degli elettori dalla tangentopoli turca. Nelle registrazioni di conversazioni uscite su Youtube questa mattina fra alcuni dirigenti turchi, fra cui il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu, il capo dei servizi segreti Hakan Fidan e il vicecapo di stato maggiore Yasar Guler, Fidan propone di mandare in Siria «quattro uomini per lanciare missili» contro il territorio turco o di organizzare un attacco contro la tomba di Suleyman Shah, una enclave turca a 30 km in territorio siriano. La voce attribuita a Fidan precisa che «non è un problema, una giustificazione può essere fabbricata».
Davutoglu invece riferisce nella riunione che «il primo ministro ha detto che nell’attuale congiuntura l’attacco potrebbe essere una opportunità per noi». Si pensa naturalmente alle elezioni.
L’autenticità delle registrazioni non ha potuto essere verificata da fonti indipendenti. Ma la "fuga di notizie" su YouTube ha fatto scattare una reazione furibonda di Erdogan, che ha denunciato un «atto ignobile» e promesso di inseguire «fino nelle loro tane» i responsabili. Davutoglu ha parlato di una «dichiarazione di guerra», senza precisare di chi, alla Turchia.
A rendere ulteriormente imbarazzante la vicenda è il fatto che le conversazioni finite su YouTube sono state registrate nell’ ufficio di Davutoglu, uno dei luoghi in teoria più riservati dello stato turco. Erdogan ha di nuovo puntato il dito contro gli ex alleati, ora arci-nemici, della confraterniata islamica di Fetullah Gulen, influente in tutti gli organi dello stato.
Poco dopo la "bomba" delle rivelazioni sulla Siria, l’accesso a YouTube è stato bloccato in tutta la Turchia, in nome della «sicurezza nazionale». Il premier aveva già minacciato più volte di bloccare YouTube e Facebook, oltre che Twitter. Sulle reti sociali da settimane sono pubblicate ogni giorno rivelazioni compromettenti per il premier e per gli uomini di governo.
Ieri era uscita un’altra rivelazione devastante per Erdogan, accusato da una registrazione audio di avere organizzato nel 2010 la diffusione di un video a luci rosse dell’allora leader dell’opposizione Deniz Baykal, così costretto alle dimissioni.
Il premier ha reagito denunciando «un montaggio». Ma il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, il successore di Baykal, ha parlato di un «Watergate turco». «Una persona che ha spinto l’immoralità a un tale livello non può continuare a occupare l’incarico di primo ministro» ha tuonato. Il quotidiano Zaman parla di un «terremoto politico», Hurriyet avvete che «la politica ribolle». Non è chiaro quale sarà l’impatto della inarrestabile valanga di scandali che colpiscono il premier e il suo governo sul voto di domenica. I sondaggi, divergenti e inaffidabili, non consentono di prevederlo. Erdogan dovrebbe perdere consensi. Ma quanti? Il paese ribolle. Ed è a un bivio, fra una Turchia probabilmente più islamica e autoritaria se il "sultano" rimarrà in sella, o più democratica e vicina all’Europa.