Oslo, «anello di pace» con ebrei e musulmani
Mano nella mano, col calare della sera e la fine del giorno di shabbat centinaia di musulmani norvegesi hanno formato poco fa un «anello di pace» a protezione della principale sinagoga di Oslo. All'anello poi si sono uniti cittadini di religione ebraica e moltissime altre persone. Ora sono in corso gli interventi che rappresentano un concreto esempio di dialogo e di mutuo aiuto fra i credenti. Sono intervenuti rappresentanti religiosi islamici ed ebrei. Un rabbino danese ha voluto sottolineare il senso dell'iniziativa leggendo al folto pubblico un brano del Corano.
Un gesto simbolico lanciato quasi casualmente su Facebook da giovani scandinavi di fede islamica all’indomani degli attacchi terroristici di Copenaghen che hanno colpito uno dei tempi ebraici della capitale danese causando anche la morte di un uomo.
All’appello postato sul social network da una giovane musulmana, Hajrah Arshad, 17 anni, hanno risposto anche non islamici in una mobilitazione che è andata al di là delle aspettative, soprattutto se si pensa che in Norvegia gli ebrei sono una netta minoranza (non più di un migliaio) a fronte dei musulmani che sono arrivati a contare quasi 200 mila presenze in un Paese di neanche 5.5 milioni di abitanti.
Organizzata in modo da finire con il termine dello shabbat, per consentire anche agli ebrei usciti dalla sinagoga di unirsi al cerchio di pace, la manifestazione ha preso il via in un clima di solidarietà e unione, fra strette misure di sicurezza che il governo di Oslo ha deciso dopo gli attentati di Copenaghen, stabilendo anche che la strada che conduce al tempio resterà per sempre chiusa al traffico.
Su Facebook del resto i giovani organizzatori erano stati chiari e determinati: «Se i jihadisti vogliono usare violenza nel nome dell’Islam - avevano scritto a inizio settimana - devono prima passare attraverso noi musulmani. Poichè l’Islam significa proteggere i nostri fratelli e sorelle a prescindere dalla loro religione, significa superare l’odio e non sprofondare allo stesso livello dei nemici... Noi musulmani vogliano dimostrare che disprezziamo profondamente ogni tipo di odio nei confronti degli ebrei formando un cerchio umano attorno alla sinagoga».
Parole semplici che hanno avuto più forza delle scontate dichiarazioni ufficiali di rifiuto e cordoglio che seguono ogni attentato.
Parole che sono state molto apprezzate dalla comunità ebraica, il cui capo, Ervin Khon ha salutato l’iniziativa come «una chance per cambiare le dinamiche in Scandinavia», dove i rigurgiti di antisemitismo cominciano davvero a preoccupare cittadini e politica.
Si assiste ad una crescita dei partiti di destra populisti che prendono posizione contro l’immigrazione (di ogni religione per la verità, e con frequenti accenti anti islamici) e contro ogni mescolanza: l’autore delle stragi di Oslo e Utoya, Anders Breivick, era solito farneticare contro «l’annacquamento straniero del sangue norvegese».
In un’intervista a The Local svedese, la presidente del Consiglio ebraico, Lena Posner-Korosi, ha definito questa epoca «la peggiore per gli ebrei dall’Olocausto», mentre l’ex capo rabbino di Danimarca, Rabbi Bent Lexner, ha dichiarato alla radio dell’esercito israeliano di essere «scioccato. Non abbiamo mai pensato che una cosa del genere potesse accadere in Danimarca». La stessa premier danese Hellen Thorning Schmidt all’indomani degli attentati ha osservato che «quando si attacca la comunità ebraica, si attacca la democrazia».
Il cerchio di pace della sinagoga di Oslo è dunque, per gli organizzatori, una piccola risposta a tutti gli episodi di intolleranza religiosa (compresi i roghi di due moschee a Malmoe e le ‘caccè all’islamico) che nell’ultimo anno si sono susseguiti in Scandinavia: «Dobbiamo decidere in che tipo di società vogliamo vivere», dice Zeeshan Malik, 37 anni, mentre Hassam Raja esprime tutta la «vergogna di sentir dire che i musulmani voglio sempre uccidere gli ebrei». Così, nonostante gli epigoni di Breivick, a Oslo stasera hanno «mescolato» le mani e si sono stretti in un cerchio.