Contratto, sciopero dei lavoratori Ikea Italia
Sabato di sciopero, l’altroieri, in diversi punti vendita di Ikea, per denunciare la decisione aziendale di revocare unilateralmente il contratto integrativo a partire dal primo settembre 2015.
«Alta adesione» dei lavoratori Ikea allo sciopero, con punte fino al 90-95% a Napoli e Firenze, chiuso il punto vendita di Genova, secondo i sindacati che hanno promosso la protesta. Negozi regolarmente aperti - ribatte invece il colosso svedese - in molti città lo sciopero non si verificato e altrove «il numero di collaboratori presenti ha comunque consentito di accogliere tutti i visitatori fin dall’apertura».
I sindacati respingono la disdetta del contratto integrativo per i circa 6 mila dipendenti della multinazionale in Italia. Delle 16 ore di sciopero proclamate lo scorso 29 maggio, le prime otto erano nella disponibilità dei singoli punti vendita, che si sono però fortemente coordinati al punto di aver scioperato quasi tutti in contemporanea.
«Oggi abbiamo visto la prova generale dello sciopero nazionale, del quale non è stata ancora decisa la data ma che potrebbe essere indetto già la prossima settimana - ha detto Giuliana Mesina della Filcams Cgil - il 12 giugno abbiamo l’incontro con l’azienda dove saremo decisi a proseguire nella trattativa, ma senza che ci vengano imposti ricatti come quello che l’azienda ha provato a fare con la disdetta».
Il taglio delle maggiorazioni per il lavoro domenicale - spiega ancora la Filcams - è uno dei temi più sentiti dai co-workers (come li chiama Ikea): un lavoratore in part time (il 70% in questa azienda) rischia di perdere fino a 1500 euro all’anno.
La società replica di voler rivedere i contenuti del contratto integrativo aziendale «per renderli più attuali continuando comunque a offrire ai propri collaboratori trattamenti migliorativi rispetto a quelli del contratto nazionale. Nel frattempo, il contenuto del contratto integrativo rimane in vigore» assicura. Per Ikea, «i propri collaboratori sono la risorsa più importante» anche se la crisi perdurante a portato a non rinnovare automaticamente in Italia il contratto integrativo aziendale. Ma il colosso svedese «vuole arrivare a firmare un nuovo integrativo in linea con il nuovo contesto economico e assicuri basi solide allo sviluppo futuro della presenza di Ikea in Italia».
E ancora la società garantisce di non voler cancellare le maggiorazioni festive e domenicali, «ma solo discutere su come renderle più eque per tutti (oggi alcune sono al 130% mentre altre al 30%), e su come ripartire meglio le presenze».
Il sistema Ikea, già attivo in molti altri Paesi, prevede che «responsabili e collaboratori lavorino con gli stessi obiettivi. Questo sistema è già applicato ai manager e, negli ultimi due anni, ha raggiunto percentuali di pagamento più alte rispetto a quanto è stato pagato in passato».
«Per ora, l’unica concessione di Ikea - ha segnalato Cgil Lombardia - è la proroga di un mese della trattativa, a cui è sfuggita per lungo tempo, a condizione che si discuta unicamente delle proposte aziendali: taglio delle maggiorazioni domenicali e festive ed eliminazione dei premi aziendali e di partecipazione».
I rappresentanti dei dipendenti Ikea lamentano quindi che «abbassare le condizioni di vita e di lavoro di migliaia di persone e delle loro famiglie è la ricetta Ikea per mantenere guadagni e profitti, chiedere sempre di più per dare sempre di meno».