«Mammografia, lo screening ha troppi effetti collaterali»
«Lo screening mammografico presenta troppi rischi di diagnosi fuorvianti, con conseguenze che possono essere anche gravi per le pazienti». Ad affermarlo ai microfoni della radio pubblica Nrk, scatenando un acceso dibattito in Norvegia, è l'epidemiologa Mette Kalager che in questi giorni ha rilanciato il suo allarme commentando i dati diffusi dalle autorità sanitarie sulla riduzione di oltre il 20% della mortalità per cancro al seno: un miglioramento legato al programma che dal 2005 propone l'esame biennale a tutte le norvegesi tra i 50 e i 69 anni.
Secondo la ricercatrice, se da un lato si evita un certo numero di decessi per cancro, dall'altro vengono sottoposte alle pesanti terapie oncologiche, avviate in seguito alla mammografia, anche persone che in realtà non avrebbero affatto sviluppato la malattia: «Secondo un rapporto recente - spiega Kalager alla Nrk - per ogni 27 donne che guariscono, altre 142 subiscono cure inutili. Vengono sottoposte a interventi chirurgici, a chemio e radioterapia e a trattamenti ormonali. In altre parole, a causa di queste sovradiagnosi, vengono trasformate in malate di cancro, con tutte le conseguenze fisiche e sociali che ciò comporta».
All'origine di questa seria criticità sanitaria, spiega l'esperta, c'è l'impossibilità di distinguere, in base agli esami, i tumori destinati a un'evoluzione maligna da quelli benigni che non progrediscono e da quelli che finirebbero in una guarigione spontanea. «La malattia presenta innumerevoli variabili, ma tutte le pazienti che registrano una positività vengono trattate sostanzialmente allo stesso modo, il che provoca una serie di effetti collaterali gravi accorciando la vita di molte persone. In definitiva, con uno screening di massa impostato in questo modo si rischia di fare più danni di quanti se ne prevengono», conclude l'epidemiologa.
Una tesi che però viene respinta da Solveig Hofvind, coordinatrice del programma di screening curato dall'Istituto norvegese di ricerca sul cancro: «Certo, sono presenti criticità nella diagnosi di persone sane, tuttavia questo problema non va sovradimensionato. La dottoressa Kalager esagera: in realtà i vantaggi dello screening di massa sono evidenti e si continua a lavorare per ridurre i margini di errore. Va anche sottolineato che le terapie diventano via via sempre meno invasive, dunque si riducono gli effetti collaterali indesiderati».
Anche il governo, chiamato in causa, risponde che il programma diagnostico non si modifica: «I risultati sono incoraggianti, si salvano delle vite, quindi proseguiremo», spiega alla radio pubblica il ministro della salute Bent Høie, anticipando che è in fase di elaborazione anche un nuovo programma di screening riguardante i maschi, in relazione al cancro alla prostata.
Uno screening, quest'ultimo, che secondo la stessa epidemiologa Mette Kalager presenta in sostanza i medesimi rischi della mammografia in termini di falsi positivi: «In entrambi i casi, li eviterebbe solo un approccio diagnostico più sofisticato, consentendo di sottoporre alle terapie - di certo di ottimo livello in Norvegia - solo chi ne ha veramente bisogno».