Sulla chiusura dei punti nascita parola a Roma Zeni: «Chiederemo una deroga al ministero»
«Saranno i tecnici del ministero della Salute a certificare entro marzo se possiamo tenere aperti i punti nascita a Tione, Cavalese, Arco e Cles, dove si fanno meno di 500 parti all’anno. Non è la politica a decidere se sono sicuri o no. Nel frattempo, dovendo applicare la norma nazionale sui turni del personale abbiamo trovato una soluzione provvisoria, con l’orario solo diurno, che ci consente di non chiudere i punti nascita proprio mentre stiamo chiedendo le deroghe a Roma».
L’assessore provinciale alla salute, Luca Zeni, difende la scelta di tenere aperti i punti nascita ma «dimezzati» negli ospedali di Tione, Cavalese e Arco, ovvero con un servizio limitato all’orario dalle 8 alle 18, finché non si avrà una risposta dal ministero della sanità e finché gli annunciati bandi per il reclutamento di nuovi anestesisti, ginecologi e pediatri (non si prevedono invece i neonatologi) non andranno a buon fine, consentendo di coprire tutti i turni necessari negli ospedali periferici.
Assessore Zeni, voi dite che volete tenere aperti i punti nascita negli ospedali di valle, ma si sta assistendo alla loro agonia e l’ultima decisione adottata sa di chiusura mascherata, come ha detto chiaramente ieri il primario Nicolodi, ginecologo. È difficile immaginare che possano tornare alla piena funzionalità dopo mesi in queste condizioni e con le difficoltà, che anche lei ha riconosciuto, nel riuscire a reperire i medici necessari. Perché non chiuderli e basta?
Noi abbiamo grande rispetto per le manifestazioni della popolazione, come quelle di venerdì a Cavalese e Tione, e per i territori di montagna e per questo abbiamo deciso di chiedere le deroghe al ministero per la Salute per tenere aperti i punti nascita come consente il decreto che abbiamo ottenuto. Non avrebbe avuto senso presentare la domanda di deroga per tenere aperti dei punti nascita che nel frattempo noi stessi abbiamo già chiuso. Noi vogliamo valorizzare gli ospedali periferici e lo abbiamo già dimostrato con gli investimenti sulla parte immobiliare che abbiamo fatto e con le specializzazioni della rete ospedaliera.
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Quindi tenete aperti i punti nascita periferici perché lo chiede la popolazione locale anche se sapete che la sicurezza è inferiore a quella che può essere offerta a una donna che partorisce all’ospedale S. Chiara o a Rovereto?
Ripeto, non è la politica che fissa gli standard di sicurezza. Ci sono delle leggi e dei protocolli tecnici che la stabiliscono. È il ministero, con una commissione tecnica, che dovrà dire che siccome noi abbiamo una orografia di montagna, abbiamo i parti a rischio già centralizzati, abbiamo l’elisoccorso e un tasso di mortalità e di cesarei molto bassi, allora anche se il numero di parti è inferiore a quello di 500 previsto dalle convenzioni, abbiamo comunque la sicurezza. Ed è questa certificazione che chiederemo e che contiamo di avere entro tre mesi come previsto dal decreto. Il ministero ci dirà se e quali punti nascita, in base al numero di parti e al contesto, potranno restare aperti. Questa non è un’opinione mia.
Ma è evidente che in un punto nascita periferico manca la rianimazione neonatale e la rianimazione per adulti così come un centro trasfusionale per eventuali emorragie nel caso il parto che era iniziato come fisiologico dovesse andare incontro a qualche imprevisto che mette a rischio la vita della madre o del bambino. Se succede qualcosa si deve chiamare l’elicottero in codice rosso sperando che non sia occupato e non ci sia la nebbia. Lei si sente di dire a una donna che deve partorire che se si rivolge a Tione o Cavalese le viene garantito lo stesso livello di sicurezza e la stessa qualità di assistenza che può trovare al S. Chiara o a Rovereto?
Ma che discorsi sono? Questa è una tautologia. Nel momento in cui il ministero sancisce che lo standard di sicurezza in questi ospedali c’è poi il cittadino è libero di scegliere. Se una donna sa che nel punto nascita periferico non c’è la rianimazione e preferisce andare al S. Chiara andrà al S. Chiara.
Dal 25 novembre avete anche tolto l’anestesista reperibile di notte al pronto soccorso di Tione, Cavalese e Arco. Come potete continuare a chiamare «pronto soccorso» quello dove non c’è neppure un anestesista?
Con le assunzioni previste intendiamo ripristinare anche la presenza degli anestesisti in questi pronto soccorsi. Nel frattempo va detto che in media sono solo 5 i codici rossi in un mese che si hanno in ciascuno di questi ospedali la notte. Quindi possiamo intervenire tranquillamente con l’elisoccorso.