Danimarca, beni confiscati ai profughi: l'agente dice no
Ci sono modi diversi di tradire i valori fondativi dell'Europa unita. C'è chi costruisce barriere di filo spinato e chi le innalza adottando provvedimenti legislativi che fondamentalmente hanno lo scopo di tenere lontano i profughi.
Alla seconda categoria appartiene la Danimarca, che ieri, in prossimità della Giornata della memoria, ha approvato le contestate norme che dispongono la confisca di beni ai richiedenti asilo (i contanti oltre i 1.340 euro e altri oggetti di valore escluse le fedi nuziali o altre cose di particolare valore affettivo) al fine di contribuire alle spese di accoglienza durante l'iter della domanda.
In Parlamento hanno votato a favore 81 politici (compresa l'«opposizione» socialdemocratica) e contro solo 27. Oltre alla confisca, la legge prevede una serie di restrizioni, per esempio l'innalzamento a tre anni del periodo di attesa per i ricongiungimenti familiari e il prolungamento dei tempi per ottenere il permesso di soggiorno permanente.
Le nuove norme hanno scatenato una lunga serie di reazioni indignate: dalle Nazioni unite ai giornali, come il britannico Guardian che pubblica una vignetta con evidente riferimento al nazismo e alle confische dei beni degli ebrei.
Ma in Danimarca c'è chi dice no.
Anche all'interno della prevista «catena del disonore» si trovano voci di forte dissenso verso l'idea che i poliziotti danesi siano costretti a strappare di dosso i pochi averi ai profughi in fuga dalla guerra.
In un Paese che malgrado le svolte a destra degli anni Duemila conserva forti tradizioni socialdemocratiche, resta da vedere quale sarà il riverbero di questo provvedimento che a 24 ore dall'approvaszione sta già preoccupando anche il mondo dell'imprenditoria perché mina l'immagine all'estero della Danimarca.
Le critiche, dunque, non arrivano solo da sinistra, in un Paese diviso, nel quale i socialdemocratici (26,3%) e i liberalconservatori (19,5%) si preoccupano prevalentemente di non cedere altri consensi elettorali al populista e nazionalista Partito del popolo danese (21,1%) che assicura da destra un sostegno esterno al governo guidato da Lars Løkke Rasmussen.
Reazioni internazionali e interne a parte, a far riflettere gli improvvidi governanti danesi dovrebbe essere anche il rischio che di fronte a procedure che evocano più di altre un'epoca cupa della storia europea, si diffonda una forma di obiezione di coscienza tra chi materialmente sarebbe chiamato a mettere in atto le confische.
A quanto pare nella polizia non mancano persone che si pongono il problema. A farlo pubblicamente, per primo, era stato già oltre un mese fa l'agente Jacob Nielsen, con un significativo post in Fb che si apre così: «Non sono entrato nella polizia per derubare i profughi».
L'esponente delle forze dell'ordine ricorda di aver servito lealmente, anche rimettendoci fisicamente, sotto governi di diverso colore, per far rispettare anche leggi che non condivide. «Mi hanno tirato pietre, molotov, bottiglie di vetro mentre difendevo battaglie che non erano le mie e persone che non sopporto. L'ho fatto perché credo che la democrazia sia lo strumento migliore per garantire i diritti di tutti.
Ma sono diventato poliziotto soprattutto perché so quanto lavoro duro è necessario per garantire la giustizia. E deve esserci qualcuno che difende chi non è in grado di tutelare se stesso. (...) Sottraggo cose alla gente che ne è illegittimamente in possesso o che le utilizza per fare del male ad altri. Ma non perquisisco una persona per portarle via un suo anello.
Il governo pensa che io dovrei stare in frontiera a tirar fuori gli ori nascosti in bocca o sotto i vestiti da gente che cerca di salvare gli ultimi averi che ancora possiede?
Se lo facessi, in quel momento dovrei di certo pensare ai miei compianti nonni, attivi nella resistenza al nazismo, che si rivolterebbero nella tomba vedendo a chi assomiglia il loro nipote.
È a simili azioni che il governo danese intende obbligare me e i colleghi ch coindividono questi miei pensieri?».
Nel post si sottolinea anche che gli agenti utilizzati per queste operazioni sui profughi sono risorse sottratte, fra l'altro, all'attività di protezione dei cittadini dal rischio di essere derubati nelle loro abitazioni.
E se in Danimarca una nuova forma di obiezione di coscienza aprisse una breccia nelle politiche asfittiche e involute di molti Paesi europe?