Al cinema Santamaria diventa brutto e cattivo
Non ci ha pensato due volte Claudio Santamaria a diventare il supereroe di periferia romana raccontato da «Lo chiamavano Jeeg Robot» dell’esordiente Gabriele Mainetti. Una sfida ripagata da successo di pubblico, premi a pioggia, compreso il David per il protagonista, ma soprattutto dalla «gioia di vedere che il film ha una vita così lunga, che ora continua nelle arene estive e all’estero, dove è stato venduto in una sessantina di Paesi». Romano, classe 1974, 20 anni sui set e una carriera tra maestri e nuovi autori, Santamaria è anche fra i protagonisti con Marco D’Amore e Sara Serraiocco di un’altra opera prima della prossima stagione che si annuncia molto originale, «Brutti e cattivi» di Cosimo Gomez (in sala con Bim), commedia nera politicamente scorretta su una banda di disabili che organizzano una rapina.
«Tra i tanti luoghi comuni al cinema e in tivù c’è quello secondo il quale i disabili devono fare tenerezza. Ecco, in “Brutti e cattivi” non la fanno per niente. Se dovessi trovare una frase che riassumere il film direi “Emarginati alla riscossa”, per me è già un cult. Il mio personaggio si chiama Papero, viene da una famiglia di circensi dove si accoppiavano un pò tutti fra di loro. È nato senza gambe e sta sulla sedia a rotelle. Di mestiere fa il mendicante, ma è uno che si piace molto, ha avuto tante donne, è attento all’aspetto. È un pò il capo di questo piccolo gruppo di persone, tutte in qualche modo ai margini».
Il suo badante, chiamato Merda, è interpretato da Marco D’Amore: «È un attore pazzesco - aggiunge Santamaria - in un secondo si trasforma, è meraviglioso lavorare con lui, si mette al servizio di tutto quello che ha intorno, e non solo di se stesso come fanno in molti, è positivo e propositivo». L’interprete, fra gli altri, del «Dandi» nell’originario «Romanzo criminale» di Placido e di Rino Gaetano per Rai1, punta spesso su film piccoli e controcorrente, «perché mi piacciono. Anche quando in sala magari non fanno grandi numeri, negli anni danno tante soddisfazioni. Il pubblico li riguarda, e quando mi incontra mi parla di “Paz!”, de “I primi della lista”. Rende felice fare qualcosa che resta».
Tra gli elementi che lo hanno convinto a interpretare «Lo chiamavano Jeeg Robot», c’era «vedere che il superpotere viene dato a qualcuno che sembra il meno intenzionato ad aiutare gli altri. Uno a cui la vita ha tolto tutto e che continua a venire ferito ma che riesce comunque a donarsi e sacrificarsi. Penso che questo della storia sia passato e abbia toccato il cuore degli spettatori».
I personaggi che Santamaria preferisce sono quelli «con un danno dentro. Sono più coinvolgenti se hanno un lato buio, nero. Più è grande il loro conflitto più la storia è interessante, più il pubblico si appassiona».
Tra i registi che gli hanno donato recentemente ruoli così c’è Antonio Morabito, nel film «Il venditore di medicine» (2014), dove l’attore era un informatore medico con pochi scrupoli: «Mi sono innamorato subito della sceneggiatura, abbiamo lavorato tanto con Antonio, è molto esigente, sa quello che vuole e la storia lo toccava nel profondo. Spero di poter tornare presto ad essere diretto da lui».
Il nuovo progetto comune (ancora non confermato ufficialmente), stando al sito di Filmitalia, già sarebbe in preparazione: si intitola «Rimetti a noi i nostri debiti» ed ha nel cast anche Marco Giallini.