Pensioni, anticipo dal 2017 Sarà possibile dai 63 anni

Per alcune categorie l'addio all'obbligo di lavoro: 3 anni e 7 mesi prima del previsto

L’Ape, l’anticipo pensionistico, potrà essere chiesto dall’anno prossimo a partire dai 63 anni di età, quindi fino a 3 anni e sette mesi prima del raggiungimento della pensione di vecchiaia (per gli uomini; le donne la raggiungono ancora l’anno prossimo a 65 anni e 7 mesi). Questa flessibilità - secondo quanto emerso dall’incontro che si è tenuto ieri tra Governo e sindacati - dovrebbe essere molto conveniente per le categorie disagiate, come coloro che a pochi anni dalla pensione hanno perso il lavoro ed esaurito tutti gli ammortizzatori sociali, ma potrebbe essere molto costosa - fino al 25% dell’importo della pensione secondo alcune stime - per coloro che volontariamente decidono di lasciare il lavoro e non appartengono a nessuna delle categorie che il Governo deciderà di proteggere come, appunto i disoccupati, i precoci e i lavoratori impegnati in attività usuranti. La sperimentazione per l’Ape dovrebbe durare due anni, ovvero nel 2017 e 2018.
 
La stima sulla rata di restituzione del prestito fino al 25% dell’importo della pensione deriva dal calcolo sulla restituzione netta (oltre il 16% in caso di tre anni di anticipo) maggiorata del tasso di interesse e del premio assicurativo. La percentuale può arrivare fino al 25% dell’importo di pensione se si considera un’uscita anticipata fino a tre anni e sette mesi. La percentuale così alta dipende dal fatto che nel caso di anticipo di tre anni e sette mesi si prende la pensione per quasi un quarto in più anche in termini di tempo.
 
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L’incontro «politico» con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sulla materia previdenziale in vista dell’inserimento delle misure in manovra è fissato per il 21 settembre ma ieri si sono comunque delineati i principali interventi confermando anche l’intenzione del Governo di intervenire sulle pensioni basse. Lo strumento sarà quello dell’estensione della platea della «somma aggiuntiva», la cosiddetta quattordicesima, a coloro che hanno redditi personali complessivi inferiori a 1.000 euro al mese (due volte il minimo) rispetto ai 750 euro attuali.
 
Potrebbe esserci anche un lieve aumento dell’importo della quattordicesima (al momento è ferma a 336 euro per chi ha meno di 15 anni di contributi, 420 euro fino a 25 anni di contributi e 504 euro oltre i 25 anni di contributi, erogati una volta l’anno) e l’innalzamento della «no tax area» per equipararla a quella dei lavoratori dipendenti (8.000 euro) per tutti i pensionati e non solo per quelli over 75.
 
Secondo quanto emerso dall’incontro di ieri le risorse per l’Ape stanziate per il 2017 (concentrata su coloro che hanno perso il lavoro) saranno pari a circa 400 milioni. Per la quattordicesima si spenderanno in più circa 600 milioni, mentre altri 250 milioni saranno destinati all’ampliamento della «no tax area». Circa 100 milioni sono previsti per rendere le ricongiunzioni tra diversi periodi assicurativi non onerose, mentre altri 100 milioni circa serviranno per allargare le maglie delle attività usuranti. È probabile infatti che possano avere vantaggi sull’uscita anticipata rispetto all’età di vecchiaia anche categorie come gli operai edili, le maestre d’asilo e gli infermieri.
 
La discussione è invece aperta sulle nuove regole per i lavoratori precoci. Si sta discutendo se considerare precoci i lavoratori che hanno effettuato almeno 12 mesi di lavoro prima dei 18 anni di età o se chiedere un periodo di lavoro di almeno 24 mesi prima della maggiore età. Non è chiaro neanche se si fisserà l’asticella per l’uscita in anticipo per questa categoria a 41 anni di contributi o a 41 anni e 10 mesi «abbonando» in questo secondo caso solo un anno rispetto ai 42 anni e 10 mesi previsti per la pensione anticipata degli uomini. L’obiettivo - ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini - è di chiudere il confronto prima della fine del mese.

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