A Parigi un sabato di guerra Devastati gli Champs-Elysees
Soltanto quando cala la sera, dopo le 19, la polizia riesce a liberare gli Champs-Elysees. Restano le luminarie appena accese per Natale, tutte rosse come i fuochi che ancora divampano sulla «avenue più bella del mondo», devastata da 8 ore di guerriglia.
«Grazie alle forze dell’ordine, vergogna per chi le ha aggredite», ha tuonato Macron. Sfila via tristemente, in secondo piano, la stragrande maggioranza di gilet gialli arrivati dalla campagna, dalla Francia dimenticata. Cercavano giustizia fiscale e potere d’acquisto, hanno trovato i lacrimogeni e gli idranti.
Le donne, i pensionati, i lavoratori delle campagne, danno appuntamento al «terzo atto, sabato prossimo». Ma ci credono in pochi, ieri erano 106.000 in tutta la Francia contro i 280.000 di una settimana fa. A Parigi, a ferro e fuoco per tutta la giornata, erano soltanto in 8 mila. I casseur, i black bloc, un centinaio di estremisti di destra sono stati i protagonisti della giornata.
«C’è il freddo e la pioggia, la stanchezza dopo una settimana di blocchi stradali. E per molti di noi anche la difficoltà di trovare i soldi per venire a Parigi», ha detto uno dei manifestanti, un signore di mezza età arrivato dal sud della Francia e alla sua prima manifestazione di protesta.
Le ragioni di gilet gialli sono passate in secondo piano per una giornata. Si temeva che la giornata sarebbe stata difficile, gli Champs-Elysees e la Concorde erano stati vietati, la prefettura aveva autorizzato i manifestanti a riunirsi nella grande spianata di Champ de Mars, più controllabile e lontana dai luoghi nevralgici del potere, l’Eliseo, l’Assemblea nazionale, l’ambasciata americana. Tutto è diventato subito surreale: prima delle 10 i gilet gialli erano già sugli Champs-Elysees, con la polizia che è arretrata a protezione dello sbocco sulla Concorde. La piazza e la zona dell’Eliseo sono diventati in breve due bunker, mentre un drappello di un centinaio di casseur pronti a tutto ha dato fuoco alle polveri.
Scontri e cariche della polizia, in breve la celebre avenue è stata avvolta dal fumo dei lacrimogeni. Lo scenario evidenziava una spaccatura fra una parte degli Champs Elysees in guerra, con i passamontagna neri e intenta a spaccare panche e addirittura fare a pezzi il selciato per costruirsi sassi da lanciare agli agenti. L’altra pacifica e in attesa degli eventi, che si limitava a cori contro Macron e che arrivava in molti casi a simpatizzare con la polizia.
Alle 14, orario di appuntamento a Champs de Mars, solo una cinquantina di gilet gialli, increduli, si sono ritrovati nel surreale deserto sotto la Tour Eiffel. Gli altri 8.000 erano sugli Champs-Elysees in guerriglia.
Il pomeriggio è trascorso fra incendi di auto, distruzione di tutto l’arredo urbano, sedie dei ristoranti, tavolini, materiale degli innumerevoli cantieri lasciati aperti e disponibili ai teppisti. Molte le vetrine dei negozi di lusso degli Champs-Elysees che sono andate in frantumi, alcuni punti vendita di grandi marche di lusso sono stati saccheggiati e svuotati. I feriti sono stati una ventina, fra i quali 4 poliziotti. I fermati 130 in tutta la Francia, 42 a Parigi ma in serata la situazione era ancora bollente, nonostante l’evacuazione degli Champs-Elysees.
Il ministro dell’Interno Christophe Castaner si è scagliato contro Marine Le Pen, che alla vigilia - in un controverso messaggio ai manifestanti - aveva esortato ad andare comunque sugli Champs-Elysees: «Ci sono un centinaio di sediziosi dell’ultradestra che hanno risposto all’appello di Le Pen», ha tuonato Castaner. «Non ho mai lanciato un appello a commettere atti violenti - ha replicato la presidente del Rassemblement National - è il governo che crea e utilizza questa tensione e vuole fare di me un capro espiatorio».