Proteste negli Usa: Trump mostra la bibbia e minaccia di mobilitare l'esercito
Sono tra le immagini più drammatiche della storia recente degli Stati Uniti: il presidente che dal Rose Garden di una Casa Bianca blindata dai militari e assediata dai manifestanti definisce «atto di terrorismo interno» le proteste violente esplose in tutto il Paese dopo la morte di George Floyd, l’afroamericano ucciso a Minneapolis per mano della polizia. E pur di porre fine ai disordini Donald Trump minaccia di mobilitare l’esercito americano contro cittadini americani, invocando l’Insurrection Act del 1807 che dà a un presidente il potere di dispiegare militari all’interno del territorio degli Stati Uniti.
«Io sono il presidente dell’ordine e della legalità», ha scandito il tycoon, mentre in sottofondo si udiva l’eco degli spari dei gas lacrimogeni lanciati dalla polizia militare contro i manifestanti che, sfidando il coprifuoco, stavano però protestando pacificamente. «Il presidente ha il diritto di difendere il suo Paese e di proteggere la sua nazione. Non possiamo permettere che le proteste pacifiche vengano manipolate da anarchici di professione e gruppi antifa», ha affermato Trump.
Solo poco più tardi si è capito il perchè di una carica delle forze dell’ordine apparsa senza senso, usando anche proiettili di gomma e agenti a cavallo contro manifestanti fino ad allora innocui: finito di parlare alla nazione il presidente è voluto uscire a piedi dalla Casa Bianca per dirigersi verso la vicina St. John Episcopal Church. Dunque, l’area doveva essere sgomberata. Giunto davanti alla chiesa Trump si è fermato, si è girato verso telecamere e fotografi e, alzando un braccio, ha sventolato la copia di una Bibbia: «L’America sta tornando grande», ha detto, prima di tornare sui suoi passi. Con lui, oltre a un foltissimo e preoccupatissimo gruppo di agenti del Secret Service, il capo del Pentagono Mark Esper, il ministro della Giustizia Williamn Barr, la figlia Ivanka (l’unica con la mascherina)e il genero Jared Kushner. Ma non la first lady Melania.
Quella andata in scena per molti commentatori è l’ennesima provocazione del tycoon . Di certo, la volontà di mostrare che lui, il Commander in Chief, non ha paura di niente e di nessuno.
Perché la storia del presidente costretto venerdì sera a rifugiarsi nel bunker della Casa Bianca con moglie e figlio non gli è andata giù. È una vicenda che lo ha mandato su tutte le furie. In tanto, sfidando il coprifuoco, le proteste sono andate avanti per la settima serata consecutiva, come a New York, a Dallas, ad Atlanta, a Los Angeles, a Louisville. Mentre l’autopsia ufficiale ha confermato: George Floyd è morto ucciso dalla polizia, per un arresto cardiaco provocato da un pressione sul collo.