Ascanio Celestini in piazza: «Il teatro va aperto in tutta sicurezza È una porta contro la solitudine»
Oggi in piazza "ho trovato lo stesso sconcerto e rabbia che stanno provando tutti gli italiani. È assurdo ritrovarci nelle stesse condizioni di marzo".
Lo dice l'attore Ascanio Celestini, che ieri ha partecipato a Roma alla manifestazione organizzata in varie città dai lavoratori dello spettacolo contro lo stop a cinema e teatro, deciso con il nuovo Dpcm.
"Va tutelato lo spazio del teatro e la relazione con lo spettatore, preziosi soprattutto in questo momento. Se tenere i teatri aperti con gli spettatori già ridotti dalle precedenti misure è ritenuto pericoloso, io sono pronto a ridurli, anche fino ad avere un solo spettatore. È una porta che non si può chiudere", afferma l'autore, regista e attore romano.
Questo perché "sempre di più le persone vivono e viaggiano verso la solitudine. Sempre di più i luoghi d'incontro scompaiono, a favore di un incontro virtuale. Se inizia a passare l'idea che il teatro possa diventare totalmente performance virtuale, si perde una parte fondamentale della nostra cultura".
In questo momento "devono arrivare risorse a tecnici e artisti per permettergli di sopravvivere, "ma sarebbe bene anche immaginare risorse per permettere di organizzare spettacoli che possano arrivare al pubblico in tutta sicurezza".
Da padre di due figli Celestini è preoccupato anche per l'immobilismo sulla scuola: "Perché non portare gli studenti a teatro per valorizzarne la funzione pubblica di piazza coperta? Sempre rispettando rispettando ogni regola di sicurezza, sarebbe possibile".
Sarebbe un passo avanti, rispetto a "una scuola ancora ottocentesca, dove i professori sanno insegnare esclusivamente in presenza. Non hanno nessuna formazione per insegnare a distanza e quindi vengono catapultati in un linguaggio che non conoscono".
L'autore di "Radio Clandestina" non ha grande fiducia in questo momento nel governo ("ha dimostrato di avere una capacità di programmazione pari a zero"), ma ne ha nelle singole forze culturali delle "piccole patrie di questo Paese", che "hanno la forza per reagire".