Draghi chiude il secondo giro: verso un governo in maggioranza di "tecnici"
Profili tecnici nei ministeri chiave, soprattutto quelli cruciali per il Recovery plan.
È l'ipotesi più accreditata, nelle ore in cui Mario Draghi chiude il secondo giro di consultazioni con i partiti: nel governo anche politici, ma non in ruoli di prima fascia, secondo alcuni come viceministri e sottosegretari. L'altra ipotesi riguarda i tempi: il nuovo esecutivo potrebbe giurare venerdì pomeriggio, ma non si esclude sabato. Ipotesi, appunto. Perché ai rappresentanti dei partiti, che escono dagli incontri esibendo diverse gradazioni di entusiasmo, il premier incaricato non rivela nulla, nulla lascia indovinare o intuire.
L'unica oppositrice dichiarata, Giorgia Meloni, racconta che lei ha provato a fare domande ma "lui non ha replicato". Pare che Silvio Berlusconi gli abbia proposto Antonio Tajani come ministro, ma che Draghi non si sia sbilanciato neanche davanti al candidato in persona.
Ai Cinque stelle, tanto tormentati da costringere Beppe Grillo a tornare a Roma per presidiare i corridoi parlamentari, Draghi dice di aver studiato il modello del superministero francese che unisce infrastrutture, trasporti ed energia per coordinare la transizione energetica e ambientale.
Superministro potrebbe essere anche il titolare dell'Economia, se avrà la delega al Recovery, come avviene già in Francia. Il nome più accreditato per il ruolo resta quello di Daniele Franco, attuale direttore generale di Bankitalia, che però Draghi potrebbe chiamare a Palazzo Chigi, a ricoprire il delicato incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
C'è chi afferma che, come figura di raccordo con la politica, l'ex presidente della Bce vedrebbe bene come sottosegretario a Palazzo Chigi il leghista Giancarlo Giorgetti, ma indicare Giorgetti potrebbe creare problemi con gli altri partiti della larga maggioranza e non è detto che sia una mossa gradita alla Lega. Matteo Salvini dice apertamente di essere pronto a fare il ministro, anche se "decide Draghi". Neanche Nicola Zingaretti chiude all'ipotesi di entrare in squadra e Roberto Speranza viene considerato in partita. Non sono un mistero le aspirazioni del M5s per i suoi ministri uscenti, da Luigi Di Maio a Stefano Patuanelli.
Ma la convinzione che si radica ogni giorno di più è che i leader si "eliderebbero" tra loro, rischierebbero di portare a galla quelle divisioni che la figura di Draghi sembra avere d'improvviso eliso. Non solo Matteo Renzi, per dire, sente nelle parole di Draghi i temi di Iv, ma anche i Dem escono entusiasti dall'incontro con il premier incaricato ("Ci scavalca a sinistra", scherza qualcuno) e si convincono che le note a loro care, dall'integrazione europea al fisco progressivo, siano altrettanti paletti a Salvini, che però li delude tenendo i piedi ben saldi nella maggioranza.
Si avrà lo stesso effetto sulla squadra di governo? Chi lo pensa, accredita l'idea che diventino ministri i "numeri due" da Andrea Orlando a Teresa Bellanova.
Spuntano anche nomi come Giulia Bongiorno per la Lega e Mara Carfagna per Fi.
Solo all'ultimo, si dicono convinti i più, Draghi scoprirà davvero le sue carte. Per far giurare la sua squadra possibilmente entro il fine settimana, prima che scada il decreto legge Covid che pone limiti agli spostamenti tra Regioni. Lo 'scouting' di Draghi starebbe avvenendo nel massimo riserbo tra tecnici di alto livello. A un politico, secondo alcune fonti, potrebbe andare la delega ai Rapporti con il Parlamento, mentre tecnici, magari 'di areà, avrebbero tutti i portafogli più pesanti, dallo Sviluppo economico, al Lavoro, dalla Giustizia al Viminale, due caselle per cui i rumors accreditano in pole rispettivamente Marta Cartabia e Luciana Lamorgese.
Resiste l'idea che Draghi potrebbe tenere l'interim all'economia, ma se si sta alle indiscrezioni, i 'papabilì per le deleghe economiche sarebbero numerosi, da Dario Scannapieco della Bei alla ex Confindustria Marcella Panucci, da Carlo Cottarelli a Ignazio Angeloni della vigilanza Bce, da Lucrezia Reichlin a Francesca Bria, presidente di Cdp venture capital.
A Palazzo Chigi, da sottosegretari alla presidenza del Consiglio, si accreditano anche Antonio Catricalà e Filippo Patroni Griffi. Mentre come segretario generale l'obiettivo sarebbe sempre quello di una figura profilo alto e perciò si citano anche grand commis come Luigi Carbone, attuale capo di gabinetto di Gualtieri, Roberto Garofali, già segretario generale a chigi con Letta, e Mauro Masi, provenienza Bankitalia e per anni segretario generale a Chigi con i governi Berlusconi, poi ad di Consap e Banca Fucino.