Draghi vuole abolire la tassa raccolta funghi, ma probabilmente in Trentino resta tutto com’è
Da noi è regolata da una legge «autonoma», e comunque non è una tassa ma un tributo. Cereghini: «Fra l’altro, la gestione della riscossione è un costo per i Comuni. L’importante è che no naboliscano i regolamenti»
TRENTO. Una buona e una cattiva notizia. Quella buona: tra le micro-tasse che il governo Draghi vuole abolire c’è quella sulla raccolta dei funghi. Quella cattiva? Probabilmente in Trentino non cambia nulla.
Vien da pensare che in una terra come la nostra l’abolizione della tassa possa dispiacere ai Comuni che quella tassa incassano. Invece no. Così, almeno, a sentire Michele Cereghini, sindaco di Pinzolo e vicepresidente del Consiglio delle autonomie locali (Cal).
Ma c’è un’altra questione, a monte. «Nell’autonomo Trentino la raccolta dei funghi è disciplinata da una legge provinciale specifica, quella del 23 maggio 2007, numero 11, in particolare l’articolo 28», spiega Cereghini. «La tassa non è un tributo diretto allo Stato ma il pagamento al Comune di una somma commisurata alla durata del periodo della raccolta. Questo vuol dire che lo Stato può anche abolire la tassa ma il Trentino potrebbe non essere obbligato a farlo, vista la “sua” legge».
Cereghini scava tra le scartoffie e snocciola i dati. Tanto per cominciare, il costo del permesso: 10 euro per 1 giorno, 20 euro per 3 giorni, 30 euro per una settimana, 120 euro per 90 giorni e 200 euro per 180 giorni.
«Passiamo al rendiconto 2019 per tutta la val Rendena. Ebbene, nel 2019 in valle sono stati rilasciati 4.751 permessi di raccolta funghi che hanno fruttato un incasso di 47.141,95 euro, soldi poi ripartiti a seconda dell’estensione, in ettari, dei vari comuni. E nel 2020 i numeri sono aumentati di molto: 7.098 permessi e un incasso di 70mila euro». Ma dal momento che parliamo di tutta una valle, neppure 70mila euro sono un granché. Se poi buttiamo l’occhio all’altro piatto della bilancia scopriamo che sono proprio briciole.
L’altro piatto è il costo di gestione del servizio. «Il permesso è rilasciato da un ufficio, un ufficio che presta il servizio anche in orari non semplici, si parla di sabato e domenica, e noi per questo abbiamo fatto delle convenzioni con le Pro loco. Da quest’anno, tra l’altro, c’è il pagamento diretto alla pubblica amministrazione, quindi va fatto in Comune».
In poche parole se lo Stato dice che si andrà a funghi liberamente - anche in Trentino, “superando” in qualche modo la legge provinciale - «noi siamo sereni: nessun permesso da rilasciare, nessun costo di gestione. I Comuni avrebbero qualche introito in meno ma non una riduzione di bilancio che possa creare problemi», afferma Cereghini. «In questo modo, tra l’altro, i turisti che “abitano” il territorio potrebbero muoversi con più libertà».
Più liberi ma non senza regole, perché i forestali continuerebbero a fare il loro lavoro, cioè controllare che nessuno ne approfitti e torni a casa con montagne di funghi.
«Sparirebbe la tassa ma non il regolamento, che fissa a 2 chili la quota giornaliera di funghi che una persona può raccogliere». Chi sfora e viene scoperto paga la multa.
«Ecco», conclude il vicepresidente del Cal, «la cosa importante è che non venga abolito il regolamento di raccolta, anche per mantenere un certo ordine nei boschi».