Medicina di base, Grosselli attacca: «Non c’è un progetto, bisogna passare dalle promesse ai fatti»
Il segretario della Cgil trentina: «Oggi bisognerebbe puntare di più sulla prevenzione e la cura: servono vere “case della salute”, ma ben attrezzate e con il personale adeguato»
MEDICI Il racconto della dottoressa
IL PROGETTO Stanziati altri 2 milioni
TRENTO. «Non è chiaro purtroppo quale sarà l'approdo dell'assetto della medicina generale sul territorio annunciata in questi giorni dall'Azienda sanitaria. Non ci sono certezze sulle risorse, né sul modello organizzativo», dice Andrea Grosselli, segretario della Cigil del Trentino evidentemente poco convinto del pre-accordo concluso da Azienda sanitaria e sindacati di categoria dei medici di medicina generale.
«La verità che oggi il servizio della medicina generale per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi è a rischio. Infatti è certo, per stessa ammissione dei vertici dell'Azienda Sanitaria, che non tutti i 50 medici di medicina generale che andranno in pensione nel corso dei prossimi due anni verranno sostituiti. Invece oggi bisogna investire con più forza sulla prevenzione, sulla sanità territoriale, sulla medicina generale e sulle cure primarie. E non si può pensare di affrontare un fenomeno come l'invecchiamento della popolazione senza professionisti, medici, infermieri ma non solo, né pensare di attuare scelte organizzative di piccolo cabotaggio».
Per il segretario Grosselli «è centrale riorganizzare il servizio sul territorio puntando davvero sulle aggregazioni dei medici magari anche grazie ad una reale rimodulazione delle Aft previste attualmente dal contratto collettivo. Non basta introdurre una sorta di pronto soccorso o guardia medica allargata anche alle ore diurne articolata su 13 ambiti territoriali. Servono delle vere e proprie case della salute sparse sul territorio, fornite di tutte le dotazioni strumentali e tecnologiche (a partire da spazi fisici adeguati e dagli strumenti per la gestione in sicurezza dei dati clinici dei pazienti) ma anche delle risorse umane - amministrative, tecniche, infermieristiche e di altre professioni sanitarie - necessarie a garantire un potenziamento reale della sanità territoriale, anche in un'ottica di integrazione socio-sanitaria e di rafforzamento della prevenzione. Dalle parole - e dalle promesse - bisogna quindi passare velocemente ai fatti».