Kiev accusa: nei territori separatisti gruppi armati costringono le persone a votare nel referendum. Reclutamento militare, aumentano i russi in fuga ai confini
Il governatore ucraino in esilio Sergey Gaidai: a Lugansk divieto di lasciare la città nel periodo di apertura delle urne, tra 23 e il 27 settembre. Intanto in Russia ancora proteste e arresti contro la mobilitazione bellica e il richiamo di riservisti: file di auto con a bordo molti giovani in fuga alle frontiere con Georgia, Kazakhstan, Mongolia e Finlandia
ROMA. Le agenzie di stampa russe hanno annunciato questa mattina l'avvio dei "referendum" sull'annessione alla Federazione di alcune zone dell'Ucraina controllate in tutto o in parte da Mosca. Le votazioni si terranno fino al 27 settembre nelle regioni separatiste filorusse di Donetsk e Lugansk (a Est) e nelle aree occupate dai russi di Kherson e Zaporizhzhia (a Sud), nel contesto dell'offensiva militare di Mosca contro l'Ucraina.
Intanto Kiev e l'Occidente hanno definito le votazioni una "farsa". "Gli occupanti russi hanno organizzato gruppi armati per circondare le abitazioni e costringere le persone a partecipare al cosiddetto 'referendum'. I cittadini sono stati minacciati: "coloro che non parteciperanno alla votazione verranno automaticamente licenziati dal lavoro. Le autorità hanno vietato alla popolazione locale di lasciare la città tra il 23 e il 27 settembre (date in cui si tiene il referendum di annessione alla Russia)", ha riferito il governatore ucraino in esilio di Lugansk Sergey Gaidai, riportato dal Guardian.
I referendum - duramente condannati a livello internazionale e criticati anche dal segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres - non rispetteranno di certo gli standard democratici. Non solo, infatti, non ci saranno osservatori indipendenti, ma si vota nel bel mezzo di una guerra, con tantissime persone costrette a lasciare le proprie case a causa dei combattimenti. Tra l'altro, la Russia non controlla del tutto nessuna delle quattro regioni ucraine che punta ad annettersi. Non è neanche chiaro come saranno organizzate queste votazioni, ma appare scontato che il risultato sarà quello voluto dal Cremlino.
Intanto, il giorno dopo il discorso del presidente alla nazione, a Mosca, San Pietroburgo e nelle altre grandi città russe continuano ad impazzare voci e interpretazioni sul reale significato della mobilitazione, e soprattutto su quanti e quali saranno i richiamati alle armi e inviati in Ucraina, in un'atmosfera di crescente nervosismo.
Ad alimentare l'incertezza è la scomparsa, nella versione pubblicata dal Cremlino, di uno dei dieci punti di cui si compone il decreto firmato da Putin, per l'esattezza il numero 7. Secondo Novaya Gazeta Europe, che cita una fonte di alto livello, il misterioso articolo prevedrebbe la possibilità di richiamare alle armi non i 300.000 uomini di cui ha parlato il ministro della Difesa Serghei Shoigu bensì addirittura fino a un milione. Un risultato a cui si sarebbe arrivati dopo che "la cifra è stata corretta più volte".
"Una menzogna", è stata la secca replica di Peskov. Le autorità preferiscono sottolineare la risposta di molti russi all'appello del presidente. Ben "10.000 cittadini" si sono presentati volontari agli uffici del reclutamento nelle prime 24 dal suo discorso televisivo, ha assicurato il portavoce del Dipartimento per la mobilitazione, ammiraglio Vladimir Tsimlyansky. A far crescere le tensioni è anche il monito lanciato da Putin secondo il quale la Russia userà "tutti i mezzi a sua disposizione" per difendersi da un Occidente che vuole "distruggerla". In una riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha denunciato quelle che ha definito "le spericolate minacce nucleari russe", accusando Putin di voler "fare a pezzi l'ordine mondiale". Al che il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha risposto accusando a sua volta "gli Usa e i loro alleati" di essere parte del conflitto in Ucraina, che a suo dire "sta diventando uno Stato totalitario di tipo nazista". Per poi abbandonare polemicamente la sala subito dopo il discorso.
Citando i referendum per l'annessione alla Russia, l'ex presidente russo ha affermato che la loro "protezione" sarà rafforzata con "qualsiasi arma russa, comprese le armi nucleari strategiche". E se ciò non bastasse, Medvedev ha aggiunto che i missili ipersonici russi sono in grado di "raggiungere obiettivi in Europa e negli Stati Uniti molto più velocemente".
Intanto Ovd-Info ha riferito che sono più di 1.300 le persone fermate dalla polizia nelle proteste contro la mobilitazione parziale di mercoledì sera, la stragrande maggioranza a Mosca e San Pietroburgo. Durante la notte una bottiglia incendiaria è stata lanciata contro un ufficio di reclutamento a Nizhny Novgorod e un altro è andato a fuoco a San Pietroburgo.
Mentre file di auto con a bordo molti giovani in età da reclutamento in uscita dalla Russia sono segnalate da alcuni canali Telegram ai confini con Georgia, Kazakhstan, Mongolia e Finlandia. La guardia di frontiera finlandese ha sottolineato che gli arrivi via terra dalla Russia sono superiori al normale e nella sola giornata di mercoledì sono stati quasi 5.000.
Anche le richieste di visto presso alcune ambasciata europee a Mosca hanno subito un'impennata, mentre i voli verso quei Paesi che non richiedono permessi di ingresso per i cittadini russi (in primis la Turchia) continuano a registrare il tutto esaurito. I Paesi Ue reagiscono per ora in ordine sparso di fronte all'ipotesi di dare ospitalità ai russi che si sottraggono alla mobilitazione. Lettonia ed Estonia si sono già dette contrarie. La Germania invece si è mostrata pronta ad accogliere i disertori. Mentre Israele si prepara ad una possibile ondata di immigrazione di ebrei russi. Una consultazione straordinaria è stata tenuta da alcuni ministeri e da rappresentanti dell'Agenzia Ebraica per mettere a punto le misure necessarie.