Migranti / Giustizia

Crotone, il giudice annulla il fermo della nave di salvataggio Sos Humanity e condanna il governo Meloni a pagare le spese

Accolto il ricorso della ong tedesca che aveva soccorso 77 migranti alla deriva su diversi barchini nel Canale di Sicilia. Secondo le autorità italiane i naufraghi andavano consegnati alla guardia costiera libica, ma il tribunale conferma che la Libia non va considerata un posto sicuro, essendo caratterizzata da violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani

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CROTONE. È stato definitivamente annullato il provvedimento di fermo amministrativo al quale nel marzo scorso era stata sottoposta la nave Humanity 1 della ong tedesca Sos Humanity. Lo ha stabilito la sentenza del giudice del Tribunale civile di Crotone Antonio Albenzio, che ha sciolto la riserva sul ricorso presentato dalla Ong dopo aver sospeso il provvedimento emesso dalle autorità italiane.

La Humanity 1, era stata sottoposta a fermo amministrativo a Crotone dove era giunta dopo aver soccorso 77 migranti alla deriva su diversi barchini nel Canale di Sicilia.

Alla Humanity 1 era contestato che, sulla base di email inviate alle autorità italiana dalla guardia costiera libica, avesse ostacolato i soccorsi da parte dei militari libici i quali, a loro volta, però, avevano esploso dei colpi di arma da fuoco verso soccorritori e migranti.

Nella sentenza il giudice afferma che nonostante il memorandum per la gestione dei flussi migratori firmato tra Italia e Libia nel 2017, "allo stato attuale non è possibile considerare la Libia un posto sicuro ai sensi della Convenzione di Amburgo, essendo il contesto libico caratterizzato da violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e non essendo stata mai ratificata la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati da parte della Libia".

Il giudice cita anche i rilievi dell'Alto commissariato dell'Onu che "in più occasioni ha evidenziato il mancato rispetto durante le operazioni di recupero espletate dalla guardia costiera libica, dei diritti fondamentali della persona". Tutti questi elementi per il giudice "sono sufficienti per escludere l'esistenza di qualsivoglia qualificazione delle operazioni effettuate dalla guardia costiera libica, con personale armato e senza individuazione di un luogo sicuro conforme ai parametri internazionali, come operazioni di salvataggio, nel senso riconosciuto dalla plurime fonti internazionali".

"Logico corollario - scrive Albenzio - è che nessuna condotta ostativa è riscontrabile nei confronti della ong coinvolta" la quale al contrario "è risultata l'unica imbarcazione ad intervenire per adempiere, nel senso riconosciuto dalle fonti internazionali, al dovere di soccorso in mare dei migranti".

Il giudice annullando il fermo ha accolto il ricorso della Sos Humanity ed ha condannato ministero delle Infrastrutture, ministero dell'Interno e Questura di Crotone, ministero delle Finanze, Guardia di finanza sezione operativa navale di Crotone, rappresentati dall'avvocatura di Stato di Catanzaro a rifondere alla Ong la somma di 14 mila euro per le spese di lite.

L'episodio rimbalzato nelle aule giudiziarie crotonesi è uno dei numerosi accenuti in uno scenario, quello del Mediterraneo, che per molte persone in cerca di una vita nuova diventa invece una tomba. Da anni infatti non viene più presidiato con la dovuta attenzione da dispositivi di salvataggio a cura degli Stati.

A supplire, per quanto parzialmente possibile, alle carenze del soccorso sono diverse organizzazioni non governative, che però si trovano a fare i conti con l'atteggiamento delle autorità pubbliche, nel caso dell'Italia, c'è il relativamente recente decreto firmato dal ministro dell'interno Piantedosi, che interpreta la linea del governo Meloni, sostanzialmente punitiva nei riguardi delle ong impegnate nel Mediterraneo.

Sulla base di queste norme, le imbarcazioni di salvataggio vengono sanzionate dal governo anche se dopo un singolo intervento non richiedono l'immediata assegnazione di un porto italiano verso il quale dirigersi. In caso di salvataggi concatenati, scatta la multa, in genere con il fermo amministrativo della nave.

Inoltre, i "porti sicuri" nazionali assegnati dalle autorità italiane, da quando è in carica il governo di destra guidato da Giorgia Meloni, sono molto distanti, spesso al centro-nord del paese, con conseguenti viaggi di vari giorni, enormi costi per il carburante e disagi aggiuntivi per le persone strappate dalle onde del mare dopo traversate disperate.

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