Un limone a un incrocio nebbioso
Periferiaanonima di una piccola città padana, sei giorni fa, una mattinauggiosa. Incrocio anonimo tra un centro commerciale come mille altri euna vecchia fabbrica in disuso come mille altre: archeologiaindustriale, lugubri monumenti di altre crisi. Strade anonimetrafficate, alto tasso di malinconia nell'aria umida, febbricitante dinebbia.
Nell'aiuola triste, erba avvizzita verde pallido, a un paio di metridal semaforo, spicca una macchia giallo vivo. Così giallo che pensisubito: un pezzo di plastica, un giocattolo, un barattolo di detersivo.Insomma, un rifiuto industriale, un frammento anonimo e dimenticato. Einvece.
Invece il pensionato in bici, abbagliato dal lampo giallo sul terreno,frena e mette un piede a terra. Portandosi dietro la vecchia biciclettagrigia, perfettamente mimetizzata nel livido colore di questa mattinadi marzo immaturo, ancora invernale, si avvicina e guarda meglio. È unlimone.
Sì, un limone, improbabile apparizione in mezzo a un incrocio, maqualche casalinga in bicicletta – da queste parti c'è chi fa ancora laspesa così – deve averlo perduto dalla borsa di plastica infilata nelmanubrio.
È un limone spettacolare, straordinario: enorme, giallissimo, un piccolo sole.
Il pensionato lo prende in mano e lo gira, lo rigira, lo rimira.
Nonsi guarda neppure intorno per vedere se c'è il proprietario che loreclama. Quel piccolo miracolo giallo spuntato dalla nebbia è suo, gliappartiene. Qui non c'entra la crisi enfatizzata dai soliti giornalicattivi, non siamo ancora alla fatidica quarta settimana del mese, conla pensione corta e la crisi di liquidità familiare, qui non c'entranola fame e il bisogno. È invece una questione di bellezza. Se fosseMontale o Goethe, il pensionato ci farebbe una poesia: basterebbeimmaginare un ramo di limone, un muro, il lago o il mare.
Ma il pensionato dalla bicicletta grigia non scrive poemi.Semplicemente, parla fra sé e sé, ma ad alta voce, cosicché i passanticasuali lo sentono distintamente dire: “Che bello, ma che bello!”.
Èsorpreso e ammirato, spiazzato dalla perfezione di un frutto che noncresce dalle sue parti nebbiose, di un colore che non è il grigio chesi respira tutt'intorno.
Lo immaginiamo tornare a casa, posteggiare la bicicletta, mettere illimone sul tavolo della cucina, spostare la tazza del caffellatte nonancora risciacquata e stare lì cinque minuti a guardarlo. Non siaffretterà a spremerlo, c'è da scommetterci, perché la bellezzaregalata ci illumina i giorni.
E il pensionato, appena spegne il telegiornale con i bollettini della Grande Crisi e torna a guardare il limone, lo sa.