Tariffa speciale:mezz'ora di silenzio
A chi - credente, ateo o scettico - pensa che il cristianesimo siaqualcosa di più misterioso, esistenziale e interessante diun'organizzazione ecclesiastica e delle strategie politiche delVaticano, non può non dar fastidio dover pagare il bigliettod'ingresso, come a Venezia, per entrare in una chiesa, per quantostorica, artistica e dunque contenitore di capolavori e simil-museo. Certo, le spese, i furti, le necessità di restauro... ma il Vangelo nonsignifica «buona notizia» annunciata a tutti - buoni e cattivi, ricchie poveri - con netta predilezione per questi ultimi espressa dalfalegname di Nazareth?
E allora fa piacere scoprire in cima alSudtirolo, quasi ai confini con l'Austria, sulla strada del passo diResia dove nasce il nostro Adige (che lassù è un torrente allegro etrasparente, non il lento fiume color caffelatte che attraversa lacittà), un'abbazia benedettina dove il pedaggio non è in euro ma inpreghiere. O meglio, in silenzio (giacché non c'è il metal detector deipensieri muti) mentre i monaci pregano il vespro. Succede a Marienberg,sopra Burgusio vicino a Malles, dove per visitare i meravigliosiaffreschi del 1180 c'è un unico modo: aspettare le cinque e mezzo delpomeriggio, dimenticare le macchine fotografiche, essere accolti da unreligioso che apre un portone, poi scompare e riappare a schiudere laporta della cripta e infine tacitare le chiacchiere e ascoltare ilVespro cantato in tedesco e latino (con pronuncia ratzingeriana) dallapiccola comunità dei seguaci di San Benedetto che miracolosamente, unmillennio dopo, ripetono le parole e i gesti del loro fondatore, orandoet laborando in questa valle di lacrime. I monaci pregano salmodiando:ad occhi aperti o chiusi, ma quasi intimoriti dalla presenza delpubblico che non hanno salutato e che accettano per implicitafraternità ma - rispettando l'altrui libertà - non coinvolgono obtortocollo nel loro antico rito.
I turisti un po' li guardano (due deibenedettini sono perfino molto giovani), i fedeli più anzianisussurrano alla fine il «Salve Regina» (Reghina, pronunciano i monaci,s'intende), ma il più del tempo della preghiera, che sembra dilatarsiben oltre la mezz'ora che è, i visitatori lo passano a decifrare sullavolta stupendamente azzurra della cripta le creature aeree dellaGerusalemme celeste, che promettono un paradiso in cui oggi è semprepiù difficile credere.
Ma il silenzio funziona comunque dapurificazione laica, da wellness spirituale: non è necessario conosceree credere la gerarchia del Cristo pantocrator, degli evangelisti, degliarcangeli e dei cherubini. Uno guarda quel cielo dipinto e... va ilpensiero, vola via: i serafini hanno tre paia di ali, uno te loprestano volentieri. Per un breve viaggio senza parole. E, una voltatanto, senza biglietto.
E allora fa piacere scoprire in cima alSudtirolo, quasi ai confini con l'Austria, sulla strada del passo diResia dove nasce il nostro Adige (che lassù è un torrente allegro etrasparente, non il lento fiume color caffelatte che attraversa lacittà), un'abbazia benedettina dove il pedaggio non è in euro ma inpreghiere. O meglio, in silenzio (giacché non c'è il metal detector deipensieri muti) mentre i monaci pregano il vespro. Succede a Marienberg,sopra Burgusio vicino a Malles, dove per visitare i meravigliosiaffreschi del 1180 c'è un unico modo: aspettare le cinque e mezzo delpomeriggio, dimenticare le macchine fotografiche, essere accolti da unreligioso che apre un portone, poi scompare e riappare a schiudere laporta della cripta e infine tacitare le chiacchiere e ascoltare ilVespro cantato in tedesco e latino (con pronuncia ratzingeriana) dallapiccola comunità dei seguaci di San Benedetto che miracolosamente, unmillennio dopo, ripetono le parole e i gesti del loro fondatore, orandoet laborando in questa valle di lacrime. I monaci pregano salmodiando:ad occhi aperti o chiusi, ma quasi intimoriti dalla presenza delpubblico che non hanno salutato e che accettano per implicitafraternità ma - rispettando l'altrui libertà - non coinvolgono obtortocollo nel loro antico rito.
I turisti un po' li guardano (due deibenedettini sono perfino molto giovani), i fedeli più anzianisussurrano alla fine il «Salve Regina» (Reghina, pronunciano i monaci,s'intende), ma il più del tempo della preghiera, che sembra dilatarsiben oltre la mezz'ora che è, i visitatori lo passano a decifrare sullavolta stupendamente azzurra della cripta le creature aeree dellaGerusalemme celeste, che promettono un paradiso in cui oggi è semprepiù difficile credere.
Ma il silenzio funziona comunque dapurificazione laica, da wellness spirituale: non è necessario conosceree credere la gerarchia del Cristo pantocrator, degli evangelisti, degliarcangeli e dei cherubini. Uno guarda quel cielo dipinto e... va ilpensiero, vola via: i serafini hanno tre paia di ali, uno te loprestano volentieri. Per un breve viaggio senza parole. E, una voltatanto, senza biglietto.