Filippo G., sopravvissuto al Natale

di Paolo Ghezzi - NO

“Tvtb papi. Buon Natale :-))))”.
Filippo G., 37 anni,dipendente provinciale, non sopporta le abbreviazioni negli sms. E nonsopporta gli smiley, fatti con le parentesi chiuse per simulare unsorriso di felicità. Lui questo Natale - un orribile Natale inondato dipioggia - non è felice neanche se sua figlia, la sua unica, gli hamesso 4 parentesi sorridenti dopo quell’orribile tvtb, che sembra lasigla di una televisione commerciale e invece sarebbe: Ti voglio tantobene. Non lo commuove nemmeno se l’ha scritto la sua bambinafantastica, la sua Luna. E si domanda come hanno fatto, lui eDonatella, a darle un nome così tremendo, che forse per un cagnolino,ancora ancora... ma per un essere umano? Come hanno potuto?
Comunque Luna questo Natale lo passa con sua madre e Filippo G., comemilioni di separati e divorziati, detesta il Natale. Di Gesù bambinonon gli importa più nulla da tempo, e se una svizzera rossovestita siscaglia contro il papa bianco nella basilica di San Pietro, lui fa iltifo per la svizzera.
Filippo G. non ha spedito un singolo sms di auguri, e non sopporta diriceverli, specie quelli con le citazioni celebri e l’autore traparentesi, come in un bacio Perugina, o quelli enfaticamenteaffettuosi: “auguroni”, “augurissimi”.   E detesta soprattutto quelliche gli scrivono: “Un 2010 pieno di tutta la felicità che ti meriti”.Ma chi se la merita, la felicità? La felicità è un regalo passeggero,un soffio, una coincidenza. Nessuno se la merita.
Apre il libretto che gli ha regalato la biondina dell’ufficio accanto,con cui ha avuto una toccata e fuga tre mesi fa, in un weekend uggioso,su un lago fuori stagione. Intermezzo non sgradevole, pensa adesso, maniente a che vedere con la felicità.
Gli viene da pensare che forse si è felici solo da bambini (ma lui siricorda solo il gran pianto di paura in braccio al Babbo Nataleaziendale del dopolavoro di papà), o al primo lento alla seconda festadi classe in quarta ginnasio, o alla terza birra scura in un pub diDublino. O quando si fa qualcosa di grande: tipo rischiare la vita peramore, o morire per cercare di salvare gli altri, come i quattroalpinisti della Val di Fassa, sepolti insieme in un abbraccio di neve.
Filippo G. apre il libretto di Seneca, testo latino a fronte che gliricorda i tempi dell’Arcivescovile. “Cum de beata vita agetur...”: Maquando si parla della vita felice, non mi puoi rispondere come per levotazioni: “la maggioranza sta da questa parte”. Infatti è la partepeggiore. Per le faccende umane non funziona così bene: le cosemigliori sono sgradite ai più. La folla è la peggiore conferma. ...”.
“Ut meliora pluribus placeant...”. Il latino è musicale, pensa FilippoG. mentre gli si abbassano le palpebre e si addormenta con la luceaccesa. Poi fa un sogno: domani è lunedì, si torna in Provincia, il mioufficio ben riscaldato, il salvaschermo con i pesci tropicali, labiondina della porta accanto che tacchetta in corridoio andando a farefotocopie... E per la prima volta, dalla mezzanotte della vigilia diNatale, Filippo G. si sente impercettibilmente, inesorabilmente felice.

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