Vittime, foto e garantismo dell'Adige
L 'Adige è un giornale garantista e non intende in alcun modo «additare al pubblico ludibrio» alcun indagato, né prima né dopo il processo. Non è il compito di un giornale mettere alla gogna le persone, nemmeno se si sono macchiate di orribili delitti. C'è l'ordinamento della Giustizia, che ha il compito in uno Stato di diritto, di verificare le accuse ed emanare le sentenze di assoluzione o di condanna, con relativa pena. Al giornale spetta soltanto darne notizia, ed eventualmente esprimere un commento
Caro direttore, da lettrice affezionata dell'Adige, mi permetta un piccolo appunto sul Suo quotidiano di ieri. A pagina 22, si dava conto dell'udienza in tribunale sul pestaggio omofobo avvenuto a Canazei nell'aprile scorso, quando fu brutalizzato un cuoco inglese, che rischiò la morte dopo l'aggressione. Le sembra opportuno pubblicare nome e foto della vittima, risparmiando invece il pubblico ludibrio agli aggressori? Non sarebbe moralmente più corretto evitare un'ulteriore esposizione al povero cuoco (anche se ormai lontano dal Trentino), e pubblicare piuttosto i volti degli autori del pestaggio? O quantomeno, se l'intenzione era di tutelarli in attesa del verdetto, pubblicare una «neutra» foto del luogo dell'aggressione? Non bisognerebbe tutelare sempre la privacy delle vittime? Glielo lascio come spunto di riflessione... Cristiana Chiarani - Trento
L 'Adige è un giornale garantista e non intende in alcun modo «additare al pubblico ludibrio» alcun indagato, né prima né dopo il processo. Non è il compito di un giornale mettere alla gogna le persone, nemmeno se si sono macchiate di orribili delitti. C'è l'ordinamento della Giustizia, che ha il compito in uno Stato di diritto, di verificare le accuse ed emanare le sentenze di assoluzione o di condanna, con relativa pena. Al giornale spetta soltanto darne notizia, ed eventualmente esprimere un commento. L'Adige tiene poi particolarmente alla privacy delle vittime dei casi di violenza o di altro tipo di reato, e la rispetta. Solitamente non viene reso pubblica non solo la fotografia, ma nemmeno il nome della vittima. A meno che, come nel caso del cuoco inglese, lo stesso cuoco non autorizzi alla pubblicazione dell'immagine e a rendere note le generalità, magari facendosi intervistare dai giornalisti del nostro quotidiano, per far conoscere in maniera dettagliata la gravità della violenza subita. Così è stato. Per questo abbiamo pubblicato all'indomani dei fatti, una lunga intervista al cuoco, con relativa fotografia in ospedale. E ieri abbiamo ricordato la violenza omofoba subita dal signor John Harris, ripubblicando la fotografia in ospedale, che lui gentilmente ci concesse di scattare. p.giovanetti@ladige.it