Giù le manidal tesoretto A22
Il castello finanziario del cosiddetto modello Brennero, costruito ormai molti anni fa grazie a due distinte finanziarie approvate dal governo allora presieduto da Romano Prodi, sembrava destinato a segnare un’epoca. Nell’Italia della burocrazia asfissiante, delle rendite intoccabili, dei monopoli per pochi, passava un’intuizione per molti versi rivoluzionaria: far pagare alla gomma l’infrastruttura della rotaia. Utilizzare, cioè, i pedaggi pagati da camion e automobili per finanziare una grande opera che avrebbe dovuto proprio togliere traffico dalla strada. Per i soci dell’A22, soggetto centrale di questo innovativo progetto, si trattava, a ben guardare, di rinunciare a lauti dividendi per pagare un nuovo collegamento ferroviario che avrebbe tolto ricavi ai bilanci futuri della società.
Un’impostazione inaccettabile per un azionista privato, che punta a massimizzare i profitti; una scelta lungimirante per un’azionista pubblico, che vedeva in questa scelta al possibilità di allentare la morsa del traffico e dell’inquinamento su un territorio che aveva già pagato uno scotto pesante e, nel contempo, la possibilità di risarcire quello stesso territorio. È questo che ha spinto l’A22 ad accantonare, in esenzione di imposta, gran parte dei propri utili, sfidando il malumore dei soci più piccoli, che, soprattutto in temi di vacche magre, non sempre hanno gradito il sacrificio pro ferrovia.
Un sacrificio che, nelle intenzioni iniziali, avrebbe dovuto essere ripagato con un prolungamento trentennale della concessione. Di quel progetto, ennesima occasione sprecata nell’Italia degli interessi di bottega, sono rimasti solo i soldi custoditi nella cassaforte di via Berlino. Soldi che, una volta sfumata la proroga della concessione, dovrebbero legittimamente tornare nelle disponibilità degli azionisti, ma che il governo, con tanto di diffida, ha intimato di non toccare. Lo stesso governo (non importa di che colore, non è scontato che una maggioranza diversa avrebbe portato a risultati diversi) che non ha rispettati i patti, e che adesso reclama diritti e batte cassa. Ma con quale credibilità?