Clini, l'ambiente, il nucleare e noi tutti
Non si può certo dire che sia stato un esordio felice per il neoministro dell'ambiente, Corrado Clini.
A poche ora dall'insediamento è riuscito a richiamare su di sé gli strali comprensibili di esponenti politici e organizzazioni ecologiste (da Stella Bianchi, responsabile ambiente del Pd, a Greenpeace).
Solo qualche giro di lancetta prima, dagli stessi ambienti politici (i vari Realacci, Della Seta, Ferrante eccetera) erano venuti invece plausi e commenti del tutto ottimistici sulla possibile stagione della green economy targata Clini.
Poi, però, nel primo giorno del governo Monti, l'autorevole esponente dell'esecutivo ha fatto parlare di sé per le espressioni possibiliste in tema di ritorno al nucleare: "Il ritorno al nucleare è un'opzione sulla quale bisognerebbe riflettere molto, anche se
quanto accaduto in Giappone ha scoraggiato", ha sostenuto ai microfoni della trasmissione di Radio2 "Un giorno da pecora".
Il che, detto da un ministro tecnico a pochi mesi da un voto popolare che boccia su tutta la linea il ritorno alle centrali atomiche, lascia parecchio perplessi e pure un po' infastiditi.
Se a questo governo manca un'investitura elettorale, quanto meno faccia tesoro di quanto le urne hanno già stabilito sia in fatto di approvigionamenti energetici sia di sottrazione dei servizi idrici dalle mani degli speculatori (l'acqua potabile è un diritto degli esseri umani e almeno su questa si abbia la compiacenza di non cedere anche qui alle logiche del profitto che ci hanno portato al punto in cui ci troviamo oggi).
Clini, inoltre, non ha perso l'occasione per affermare solennemente che il Tav va realizzato "assolutamente" (il che fa sospettare quantomeno che non abbia studiato a fondo la materia).
A onor del vero, ieri Clini ha pure accennato allo sviluppo sostenibile e alla necessità di ridurre le emissioni inquinanti in Italia; tuttavia l'impressione - per ora superficiale, per carità - è che né il ministro né l'esecutivo abbiano idee particolarmente chiare, fresche e innovative sulla necessità di instradare il Paese verso un modello produttivo e dei consumi compatibile con la massima tutela della salute umana e dell'ambiente.
La sensazione è che non si comprenda l'importanza strategica di questo contesto, dell'intreccio produzione-consumi-ambiente naturale-qualità della vita, e si proceda tra riflessi condizionati e ricatti paralizzanti.
Probabilmente, dalle torri d'avorio dei ben consolidati osservatori accademici e tecnocratici liberal-liberisti sfugge del tutto o quasi la comprensione del vasto fermento di innovazione offerto dalla società, specie nelle giovani generazioni.
Dunque, aspettarsi una sia pur vaga ipotesi di scatto verso il futuro, per ora, parrebbe purtroppo illusorio.
Non basta andare al Senato con l'auto elettrica, come il ministro ha fatto ieri sotto i riflettori (oltretutto era meglio in bici o a piedi... ma evidentemente si rischiava di passare inosservati).
Sarà, temo, ma spero di sbagliarmi, un'altra partita in difesa per chi ha altre visioni su questo terreno.
Speriamo almeno di esserci davvero lasciati alle spalle il peggio in fatto di aggressione all'ambiente e alla vita.
Dovremo però accontentarci probabilmente di ridurre lo "spread"...